---mi spiace per l'assenza----
Lo scrigno dorato e luminoso
La sera il mare assumeva l fascino del nero argentevo, che si stagliava contro un cielo maliziosamente violaceo. Nemmeno le stelle sembravano aver posto in quel paesaggio scuro, e quando apparvero inesorabili all’orizzonte, davano davvero sui nervi. Per fortuna erano discrete, e non intorpidivano la notte più di tanto. Le piccole onde che sfioravano la battigia fresca sembravano provenire da un immenso grido lontano, come in un lontanissimo terremoto, molto petente, del quale però a distanza non si avverte che il tremolio della sabbia, innocuo. Il fruscio della schiuma era una carezza alle orecchie, veniva voglia di star lì con gli occhi ben aperti a scutare la notte, a divorarne il sapore salino in bocca e il suono sinuoso. E la sabbia! Benedetta sabbia, finissima e fresca al palmo della mano, che celava una meravigliosa magia. Non s’attaccava alla mani, non lasciava l’umido dopo averla lasciata. Benigna e silenziosa, sfuggiva, ricadeva, con un leggero rumorio, dalle sue compagne. Una notte perfetta.
Un sorriso beffardo si dipinse sul suo volto. Il suo volto umano, oggettivamente bello sotto tutti i punti di vista. Lasciò che la brezza marina lo sfiorasse, che il brivido di freddo gli facesse sollevare leggermente i peli delle braccia scoperte. Lasciò che quella sensazione di vita che gli trapassava la schiena da cima a fondo si impossessasse di se, che lo costringesse a chiudere gli occhi. Oramai in uno stadio di estasi di sensazioni, lasciò addirittura che la ragazza che gli stava di fianco s’alzasse, e che l’abbracciasse. Avvertì il suo seno poggiarsi delicatamente sul suo petto, poteva sentire ogni particolare. Veniva poi avvolto attorno al collo dal calore di quelle braccia gelate dal vento, con il solletico di quei capelli lunghi e neri sugli zigomi. Come poteva non sorridere. Con l’indice ed il medio della mano destra toccò la guancia vellutata di quella donna, e godè nell’osservare il rossore timido che vi si dipingeva. La tiepida luce di un lampione lontano gli consentì di guardare ancora una volta quegli occhi azzuri e scintillanti. Non voleva che nulla spezzasse quel momento... Era tutto così perfetto...
Senza quasi riuscire a controllare quel movimento, le loro bocche si incontrarono in un bacio a fior di labbra. Delicato, dolce, come nemmeno il più grande dei poeti potrebbe descrivere. Nel silenzio irreale che li circondava, i loro battiti si fusero in un coro meraviglioso. Ad iridi serrate, questo pareva ancora più melodioso.
D’un tratto, le labbra di lei si fermarono in una stretta gelata. Il peso del suo corpo abbandonato alla gravità si abbattè fra le braccia dell’amato; in maniera graduale, la pelle le si sbiancò fino a diventare un foglio di carta velina, dal quale trasparivano nitide tutte le venature. Gli occhi luminosi ed azzurri le sfumarono di grigio. Crollò al suolo, fra la sabbia e lo sguardo dell’uomo. Le si aprì un taglio lungo la gola, preciso e rettilineo, dal quale sgorò sangue purissimo, di un rosso vivo.
Se avesse saputo cos’era il dolore, ne avrebbe provato davvero tanto; era una disgrazia quella di non poter sentire l’odore di tutta quella meraviglia. Questo lo faceva sentire tremendamente strano; tutta quella bellezza gli portava alla mente stranissime riflessioni. Dov’era, in tutta quella meraviglia, la morte? Dov’era la Signora del tempo? Perché, se il suo potere era tanto grande, non riusciva a far morire il mare? Perché non uccidere gli scogli, la sabbia, la vista? Eppure c’era dovunque. Su quegli scogli ci saranno morti sicuramente migliaia e migliaia di piccoli insetti, di piante, in quel mare migliaia di pesci, di granchi, di uomini stessi, come su quella sabbia così fresca e fine. Quei doni sfuggiti alla Morte, in realtà avevano sicuramente stipulato un patto con essa; l’eterna bellezza, in cambio dell’angoscia eterna, la consapevolezza costante di essere delle immense bare. Ecco il prezzo delle cose meravigliose, ecco il senso di tutto ciò che è bello ed apparentemente lontano dalla fine della vita. La bellezza è lo scrigno dorato e luminoso della morte. E quella sera, la Morte aveva sconfitto i suoi cardini.
<<... e tu eri lo scrigno più bello che avessi mai visto.>>
Sussurrato al tempo ed al vuoto queste parole, l’uomo voltò le spalle a quella scena, e si incamminò verso il mare. Quando i suoi piedi sfiorarono le acque testimoni dell’accaduto, il suo corpo svanì in una nube vorticosa di fuma. Essa risalì al cielo, congiungendosi con l’etere eterno.
L’ultime stelle si spensero. Era la notte, imperturbabile, di un angelo.
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Mi spiace per il mio periodo di assenza gente, ma purtroppo sono incasinato...spero vi piaccia questo racconto :D