L'ALBA
Era strano, eppure era vero, su Neo City i primi raggi solari filtravano dalle sagome dei palazzi, inondando di luce tutto il paesaggio circostante.
Dopo una notte movimentata come quella, vedere l'alba era un evento davvero bello, molti grattacieli erano stati distrutti dalla potenza di Goku, Smoke e Zeliah, le strade erano piene zeppe di crepacci e crateri, ma soprattutto nel viale principale della zona nord della città vi era un cratere più largo e profondo di tutti gli altri, quello dove Son Goku aveva scatenato la sua aura distruttiva per fermare le piogge acide.
Ai lati del cratere vi erano transenne di Duronio, poste a cerchio, per impedire che il traffico vi si riversasse dentro, dopo le transenne si potevano intravedere operai che lavoravano con i martelli pneumatici per sistemare la strada, mentre l'elicottero da combattimento di Havey sorvolava la zona aerea, nulla sfuggiva al suo potente radar a infrarossi.
Era uno spettacolo strabiliante quando il sole illuminava Neo City; in mezzo ai tanti parallelepipedi si creavano strani giochi di luce, i raggi solari infatti filtravano attraverso le finestre di vetro producendo viste bellissime; gli stessi palazzi formavano un misto di luci e ombre, quella città di mattina sembrava un arabesco di giallo e nero.
Gli uccellini che cinguettavano riempivano l'atmosfera di felicità, anche se la gente di Neo City non cambiava mai, neanche quando la notte andava via.
Egoismo e violenza regnavano supreme.
Ma l'alba del giorno prima era stata l'ultima alba che Havey vide, perché quella mattina era morto, ucciso.
Fino a quel momento le vicende si erano svolte nella parte alta di Neo City, tappezzata di grattacieli, discoteche e lusso, ma la grande metropoli era formata anche da una sezione bassa, chiamata "Covo della merda" dagli abitanti della parte alta, il suo vero nome riassumeva tutte le sue caratteristiche: Città Bassa.
Esattamente nei punti Nord, Sud, Est ed Ovest di Neo City vi erano delle scale, completamente nascoste a chi non aveva un occhio attento, ma un osservatore di prim'ordine le avrebbe intraviste tutte.
La Shop Way, che tagliava a metà la città da Est ad Ovest, per poi finire nella lunga passerella che dava alla Disco-Sanctuary, possedeva due di queste scale poste alle due estremità.
Ad Ovest vi era la prima, coperta da un cancello verde e arrugginito, probabilmente sembrava una metropolitana abbandonata per un passante distratto, ma se si apriva si poteva accedere alla Città Bassa; la Shop Way procedeva fino ad attraversare gli studi televisivi Seth, posti al centro della metropoli, per poi procedere verso Est e tuffarsi nel ponticello che portava nella piattaforma in mare, dove giaceva la famosa discoteca inaugurata il giorno prima.
Vicino al pontile vi era un'invisibile scala che portava sott'acqua, chi scendeva doveva essere munito di due attrezzi fondamentali, che i capi della Città Bassa davano in dotazione a tutti i barboni che vi abitavano: Una maschera speciale e un paio di stivali pesantissimi.
La maschera speciale era così irremovibile che non lasciava passare nemmeno una goccia di acqua marina, in più, ai lati, vi erano montati due piccolissimi serbatoi di ossigeno, capaci di far respirare una persona per 5 minuti al massimo, dopodiché l'ossigeno finiva e toccava trattenere il respiro.
Questa scaletta, una volta giunta nel fondale marino, dopo circa 2/3 metri andava a conficcarsi nelle rocce in posizione diagonale, dunque il passaggio della scala era leggermente abbattuto.
E dietro questa posizione obliqua, nel "muro" dietro di essa, vi era una porta nascosta da delle alghe, usando gli stivali ci si poteva muovere senza riaffiorare, aprire la porta e chiuderla velocemente, bisognava fare attenzione a entrare senza perdere tempo, perché quella soglia non era l'ultima tappa dell'abituale abitante che entrava.
Una volta dentro, si veniva rinchiusi in una sottospece di ascensore, e se si entrava velocemente si rimaneva a mollo per metà, ma se per caso l'ascensore si allagava tutto, era la fine.
La porta, infatti, dopo essersi chiusa, non poteva essere più aperta, se si voleva uscire doveva attraversare la Città Bassa e salire le scale che si trovavano a Nord o a Sud.
L'ascensore poi scendeva, e portava nel tanto agognato luogo.
Il "covo della merda" era abitato principalmente da barboni, disoccupati e senza tetto, gente sbandata che non aveva nulla al mondo, nemmeno l'amore della famiglia; la struttura di questa città sotterranea era semplice: il tetto era molto alto, di decine e decine di metri, e quello che per la città bassa era il tetto, per quelli della capitale lassù era la strada, inoltre vi erano numerose travi di ferro che solcavano quella costruzione tenendola ferma e stabile nei suoi 50 metri di grossezza.
Regnava la penombra, le poche luci erano quelle delle lampade giapponesi, le strade erano sporche e vi erano molti pali e pilastri che sorreggevano imponenti piloni, che, attraverso la suddetta rete di travi, sosteneva la "strada".
L'aspetto era anche molto retrò, le case erano quelle tipiche dell'antico giappone, in ogni viuzza vi erano vicoli con piccoli ristorantini umili dove gustarsi un bel piatto di Ramen o vecchietti che vendevano ogni svariata merce, sembrava di essere tornati indietro nel tempo; la componente che più regnava erano in particolare le piccole casette in stile antico, dove ci si poteva comodamente sedere e mangiare, coperti dalle solite tendine bianche, da sollevare con il braccio a pasto ultimato.
Questa era la realtà dove vivevano gli scarti di Neo City, Z-Warriors compresi.
Quando Smoke si riebbe non vide i tiepidi raggi solari mentre colpivano le sue pupille, bensì solo una fioca luce proveniente da una lampada giapponese, con gli occhi ancora appannati vide che si trovava in una stanzetta con tre letti, uno è dove era lui, l'altro era immacolato, mentre l'ultimo aveva le coperte in disordine e un pò di sangue che macchiava le bianche e morbide lenzuola.
"D-dove sono?" Riuscì a dire con quel poco di voce che gli rimaneva.
Con la mano fasciata si toccò l'addome, e sentì che era ricoperto di garza macchiata di rosso, tutto il suo busto ne era ricoperto, capì che forse, quell'ombra della notte prima l'aveva salvato e portato al sicuro.
Digrignando i denti per il dolore, poggiò i gomiti sul materasso e si sollevò, poggiando la schiena sul cuscino.
"M-Ma dove diavolo sono?" Si chiese, sempre più spaesato e confuso.
Improvvisamente la porta in legno marrone che stava alla sua sinistra si aprì dolcemente, e ne uscì Goku, completamente fasciato e malridotto, ma comunque sorridente come al solito.
"Ora, Smoke, sei a casa."