Sbrotfl e citi ancora il regista.
Sembra che tu lo faccia apposta
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btw qualcuno ha letto il libro da cui è tratto Cuore Selvaggio?
Ma appunto. A parte il fatto che la sceneggiatura mica l'ha scritta Fincher, tu (mi rivolgo a Light) pensi che l'adattamento sia sempre fedele all'opera cartacea? Una volta che hanno ottenuto i diritti possono farci quello che vogliono, quindi se il libro è mediocre, hanno il dovere di cambiarlo in meglio.
Voglio ricordare che un film, oltre che un'opera d'arte (generalizziamo), è anche un bene commerciale, e come per tutti i prodotti io consumatore pagante esigo qualità.
Chiedo scusa a Light. Lo confondo sempre con Gohan.
Questa è la prima volta che dice che il regista si occupi della storia.
Ghost? Black Ghost?
Che poi la questione libro/film è molto delicata, perché un film oltre a essere una trasposizione non sempre fedele a volte può essere girato in un periodo storico completamente diverso per un pubblico completamente diverso.
Non pensate solo a Twilight o Harry Potter, dove bene o male libri e film sono contemporanei, esistono film tratti da romanzi molto più datati, che per forza di cose non potrebbero mai piacere al pubblico moderno se trasposti in maniera identica scena per scena.
the lincoln lawyer è bellino
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S'è capito ormai che per un horror decente, o quanto meno un horror che non si adagi sui soliti clichè, ci si deve rivolgere non più alla produzione americana.
Marshall è comunque una buona garanzia.
Qui, a dire il vero, ci sono diversi elementi dell'horror classico di un certo stampo vecchio: mostri, assedio, gruppo di giovani, ne rimane solo uno. E' il resto che dà valore: l'originalità della location, la difficoltà e la perizia di ripresa in spazi così angusti, una certa caratterizzazione, il procedere tensiogeno.
Una cosa per volta: difficile fare una fotografia decente in una serie di cunicoli sotterranei; ci riescono. Ricostruito un senso di oppressione unico. Claustrofobico, topi in gabbia.
La prima ora di preparazione saggiamente gestita, nulla (o quasi) lascia presagire quello che accadrà dopo. E poi d'improvviso il botto, senza sfumature, e così fino alla fine.
Ma soprattutto la trasformazione delle ragazze: i mostri e il pericolo di morte sono solo i catalizzatori della fuoriuscita delle tensioni interpresonali, dei vissuti delle protagoniste. Un viaggio all'inferno per scoprire se stessi. Più giù, non solo nella terra, ma nell'animo. Fino a farsi bestie, più mostri dei mostri, per sopravvivere.
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Se uno esordisce con un film simile non è normale. Non per forza un grande regista, ma semplicemente uno che non si piegherà mai alle grandi case di produzione, questo Rob Zombie.
Già come inizia: stralci televisivi, un pagliaccio spaventoso e il suo tunnel degli orrori, una ripresa bellissima che dall'insegna al neon della stazione di servizio si sposta allargandosi sull'entrata della stessa, luci malate, musica ansiogena, aria malsana, quella che si respirerà per tutta la pellicola. Hai capito già tutto.
Non è un capolavoro, sebbene molti lo lascino passare per ciò. Per me deve troppo a "Non aprite quella porta" (di cui doveva essere il remake), cerca di distaccarsene ma inserisce elementi poco coerenti (come il dottor Satana), indugia troppo su uno sperimentalismo visivo che in realtà prende molto da un certo tipo di cinema anni 70. Ma ci sono i crismi del grande cinema: personaggi indimenticabili come Capitan Spaulding, Baby e Otis, montaggio di alcune sequenze perfetto, musiche maestrali.
E soprattutto c'è personalità, e si vede.
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E poi il simil-capolavoro. Sequel della prima opera, horror-non horror, mistura di generi, inclassificabile.
Si capisce subito che abbiamo a che fare con uno che il mezzo lo conosce eccome: altrimenti non si fa una scena della sparatoria iniziale di questo genere, girata benissimo, uso delle musiche perfetto, appassionante, reale. Questa volta i personaggi vengono sviluppati ancora meglio, è chiaro come Zombie intenda in un certo senso umanizzarli questi mostri, metterli sotto una luce di innocente e normale follia: in fondo cosa hanno di diverso da una normale famiglia texana? Si vogliono bene, si sostengono, hanno il loro codice, che ci possono fare se sono cresciuti e vivono uccidendo gente, smembrandola e torturandola? In cosa sono più malati di uno che pippa dalla mattina alla sera, di un altro che tenta di tradire la moglie, di un poliziotto che usa violenza.
Ecco il vero dramma dell'opera zombiana: non c'è nessuno che si salvi, in tutti i sensi. Tutti malvagi, tutti senza speranza, tutti morti. Lo sceriffo, da giustiziere a carnefice, gli ostaggi intorbiditi dai loro vizi, senza possibilità di salvezza, la sorte avversa agli inermi. Stessa aria malsana del primo, stesso mondo sporco, sanguinolento, marcio. Paradossalmente è il senso di appartenenza, la folle regolarità, la presa di posizione coerente dei sadici Firefly quella che sembra avere maggiore stima e rispetto di Zombie.
Tecnicamente perfetto, non eccedente come il primo, dosato. Magistrale di nuovo la scelta delle musche, spettacolari alcune trovate registiche, memorabili alcune scene.
Il finale stupendo: solo Zombie poteva farci provare dispiacere per la fine dei sadici assassini, loro gli eroi antieroi. Finale montato benissimo, con una spelndida Free Bird in sottofondo, emozionante e significativo.
A me anche le Streghe di Salem è piaciucchiato, mi ha ricordato quei film di Bava in cui non c'è trama ma si butta tutto sull'atmosfera malata e distorta
Siccome Dragon Slayer mi parla di Fincher, un regista, anche io parlo di regista.
So chi è lo sceneggiatore.
Più famosi non significa più belli. E' un tuo giudizio o sono veramente libri stroncati da ogni critica?
Volete l'eresia? :riso:
*si guarda intorno sperando di non veder sbucare il fanboy di Tolkien di turno*
A me Lo hobbit (prima parte) è piaciuto di più come film che come libro. Non che il libro sia brutto, chiariamo, ma riprendendolo in mano di recente non ho potuto che confermare che è stato scritto per un target (i bambini di inizio Novecento) in cui io non mi riconosco, mentre al contrario il film è stato rivisitato in una chiave più contemporanea, incontrando i gusti del pubblico moderno (e anche i miei).
Nel romanzo i tredici nani sono personaggi pressoché inesistenti, Tolkien avrebbe potuto metterne due e nessuno avrebbe sentito la mancanza degli altri; Thorin si sente un po' di più, ma ha comunque un decimo della caratterizzazione che gli è stata data nel film (che sarà stereotipata quanto volete, ma per il suo ruolo funziona).
Questo per dire che sì, anche secondo me uno sceneggiatore e un regista possono colmare le lacune di un romanzo. In alcuni casi non ce n'è bisogno (vedi Gollum, che personalmente adoro in entrambe le versioni), ma in altri è praticamente necessario se si accetta la sfida della trasposizione.
*si nasconde prima di essere linciata da un purista tolkieniano del tipo gli elfi nel film avevano le orecchie più lunghe di mezzo millimetro rispetto all'originale, e poi hanno pronunciato tre vocali troppo aperte*
Comunque penso sempre che la verità assoluta in queste cose non esista, ci sono dei parametri "oggettivi" per giudicare le opere, ma una volta che uno li conosce ha più senso che si faccia la propria idea piuttosto che si affidi al critico di turno (e mi riferisco soprattutto ai libri, dove i critici improvvisati spopolano per il web; sul cinema non lo so, ma immagino sia lo stesso).
A me lo hobbit non è piaciuto troppo come libro, probabilmente perché l'ho letto dopo isda che è ben più studiato.
Pure il leone, la strega e l'armadio è meglio come film.
Ma non sai chi è il regista evidentemente, a giudicare dal fatto che continui ad evitare quel post. Pazienza, se ti piace rimanere ignorante non sono fatti miei.
No, sono semplicemente film che hanno importanza storica e valore maggiori nel loro campo rispetto alle controparti cartacee nel proprio. Il paragone diretto come ho detto è idiota, si possono solo fare parallelismi contestualizzati.Citazione:
Più famosi non significa più belli. E' un tuo giudizio o sono veramente libri stroncati da ogni critica?
The Hobbit non è 'sto granché come libro alla fine, anzi, semplicemente non è indirizzato a noi adulti. In compenso nemmeno il film lo è, è sufficiente giusto per legame affettivo per quanto mi riguarda.
E Feleset, guarda che i personaggi nel film sono macchiette almeno quanto nell'opera cartacea, con l'aggravante che lì Jackson prova a dare al contesto un'aura epica che c'entra praticamente una mazza.
The Hobbit è e rimane un libro per un target minore, quindi tutte le ingenuità di sorta sono in qualche modo giustificate, ma il film sotto questo aspetto ha poche scusanti, sembra il cugino minore del LOTR.
Il sequel di Descent è un film di merda.
Il sequel è solo prodotto da Marshall se non sbaglio.
Ma infatti Lo Hobbit e ISDA sono poco confrontabili sotto molti aspetti, se uno legge l'uno pensando di trovarci l'altro rimane deluso per forza. Lo hobbit è un libro bello per il target per cui è pensato, ma probabilmente non ha troppo da dare agli adulti (escludendo alcuni spunti interessanti).
Per quanto riguarda il film, non dico che lì i nani diventino caratterizzati in maniera eccelsa, però quantomeno si distinguono un minimo l'uno dall'altro e il loro numero sembra servire a qualcosa (le parti cantate per esempio nel film rendono bene l'idea del coro che si diverte, mentre nel libro uno legge il testo ma di fatto non "sente" la presenza del gruppo).
Poi sulla questione del rendere in parte epica una cosa che in origine non lo era molto va a gusto, a me per esempio questa scelta è piaciuta. Sicuramente Jackson non avrebbe potuto fare un film diverso, nel senso che dopo la sua trilogia nessun fan avrebbe mai accettato una trasposizione del tutto fedele (e quindi per bambini) di Lo Hobbit. Quindi o si faceva così o non si faceva proprio, secondo me.
"Il leone, la strega e l'armadio" l'ho letto alle medie, ma non ho ancora visto il film. Ricordo che come libro era carino ma non mi aveva entusiasmato, dovrò recuperare la pellicola.
Mah guarda, io credo di aver capito qual è il problema di fondo. The Hobbit è un romanzo destinato a un pubblico giovane che giustamente ha accompagnato nella crescite le vecchie generazioni, considerato che una volta la letteratura aveva un ruolo maggiore nella vita degli adolescenti, mentre ora con la diffusione su larga scala della televisione, dei videogiochi e così via non sempre è scontato, oltre a essere stato sorpassato da prodotti più moderni come Harry Potter. Un'opera cinematografica su The Hobbit avrebbe avuto senso se fosse stata indirizzata appunto alla nuova generazione, quindi un prodotto magari modernizzato ma comunque fedele ai principi, adatto quindi alle famiglie e a un pubblico giovane.
Jackson invece ha preferito seguire un'altra via, ossia ignorare il nuovo target e giocare sull'effetto nostalgico della nuova guardia, proponendo così la stessa opera che molti adulti hanno letto tanti anni fa, però infarcita di epica e pomposità per non renderla troppo puerile ai loro occhi. Il risultato è quello che vediamo, un ibrido non molto riuscito.
Quello che dici tu forse è vero, ossia che se avesse voluto rimanere fedele al romanzo non gliel'avrebbero prodotto, ma non sarebbe stata poi una grossa perdita per il cinema, in fin dei conti.