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Originariamente Scritto da
Ssj 3
Però cè Goku che conosce tutta la situazione, e potrebbe scoprirlo per loro (tramite re kaioh) similmente a quanto avviene nel manga.
Se poi continua a fare il padre menefreghista che non chiama il figlio nemmanco per chiedergli come sta, allora sono d'accordo con te. xD
Nella mia visione del rapporto regno dei vivi/morti in DB (che ho poi ampliato in questa fanfiction), c'è un netto distacco tra la vita e la morte, e gli interventi dei morti e delle divinità nel regno dei vivi è qualcosa di molto ristretto e circoscritto a casi eccezionali. Indizi a conferma di questa concezione: le Sfere del Drago possono resuscitare sì, ma con molte cautele; i morti possono tornare sulla Terra in modo molto limitato; gli dei si curano poco dei problemi dei pianeti da loro sorvegliati (Re Kaioh ai tempi di Nappa e Vegeta, e persino di Cell); Kaiohshin scende in campo eccezionalissimamente davanti a un problema che rischia di cancellare l'esistenza dell'universo intero.
Il tutto all'insegna di una legge universale che impone agli agenti esterni (morti e dei) di non perturbare l'ordine naturale e leggi che lo governano. Insomma, che i vivi si risolvano da sè i propri problemi, con le proprie forze e capacità! In base a questa visione dell'universo, a Goku non sarebbe concesso di "risolvere i problemi" del pianeta una volta morto, ma al massimo di fare lo spettatore passivo - cosa che Re Kaioh gli ha fatto notare ai tempi della "mia" battaglia contro Cooler.
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Ssj 3
Lo spirito di Al Satan è sicuramente legato a quello di Piccolo (e di Dio), che quindi si fa carico dei numerosi peccati del primo.
Il fatto che il namecciano fosse stato convocato presso Re Kaioh dopo la sua prima morte senza, apparentemente, troppi problemi, e soprattutto che un Vegeta fresco di sterminio di massa (nella saga di Bu) e di una vita passata all'insegna dell'egoismo e dei crimini, sia stato considerato buono solo pochi giorni dopo in quanto sacrificatosi per la sua famiglia e, in parte, anche per aver anteposto la salvezza dell'universo al proprio orgoglio (quando si fonde con kakaroth e quando parla coi terrestri), rendono legittimo pensare che ci fosse spazio anche per un supernamecciano in paradiso
Però il GMP ne ha fatte anche di peggio di Vegeta, quindi una risposta "ufficiale" alla questione non esiste.
La prima morte di Piccolo, contro Nappa, è un caso un po' diverso da quello della seconda morte di Vegeta, contro Bu.
Piccolo ha affrontato i Saiyan vedendoli come nemici personali, non perchè avesse l'eroismo di voler salvare la Terra. Ovviamente il vivere a contatto con Gohan lo ha ammorbidito e gli ha fatto sviluppare sentimenti umani, ma non al punto da farne un eroe. Sicuramente poi, alla sua prima morte, deve averci messo una buona parola anche Dio, desiderando che il namecciano e i tre terrestri si allenassero in vista del possibile ritorno di un Vegeta in crescita (anche Crilin voleva allenarsi temendo che Vegeta tornasse sulla Terra); infatti era sempre nella mente di Dio l'idea di mandarli poi tutti a combattere contro Freezer. Considerato che 1) la spedizione di Bulma su Namecc aveva buone probabilità di riuscita e quindi Piccolo era verosimilmente sul punto di tornare in vita 2) era possibile che sulla Terra arrivassero vecchie e nuove conoscenze, Piccolo era più utile se allenato da re Kaioh, piuttosto che stare nell'Aldilà senza corpo ad allenarsi i pollici che non aveva. :D
Vegeta nella saga di Bu pare aver sinceramente rinnegato la sua vita precedente (ammette davanti a Goku che l'aver iniziato a vivere da terrestre non gli dispiace affatto), inventa strategie per salvare un universo intero, sottomette il suo orgoglio all'interesse collettivo, addirittura è disposto a morire se questo è il prezzo da pagare per distruggere Bu. Mi sembra quasi ovvio che sia considerato almeno "buono" e, realisticamente, in futuro non nuocerà mai più a nessuno. Per cui non è più un cattivo da non riportare fra i vivi. :)
E comunque vi ricordo che nella mia storia Piccolo ha rifiutato anche con un certo sgarbo la proposta di Dio di fondersi. Nel suo caso aver sviluppato sentimenti positivi e aver abbandonato le sue ambizioni di dominio non vuol dire abbandonare anche la sua essenza negativa; il suo retaggio demoniaco rimane. Non è buono da Paradiso, non è malvagio come il suo padre "biologico" di cui è reincarnazione...
50 sfumature di malvagità :lol:
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Andiamo avanti! Abbiamo due Saiyan purosangue pronti a sfidarsi... :)
Cap. 56: Punto e a capo.
In un istante, i due si trasformarono in Super Saiyan e si lanciarono in un accesissimo e purissimo corpo a corpo. Si afferrarono reciprocamente per le mani, in una stretta vicendevole nella quale i due tendevano i muscoli ampliando la propria forza, come se ognuno dei due volesse non solo saggiare sé stesso, ma anche e soprattutto la forza dell’altro. I due si confrontavano in un susseguirsi sfrenato di colpi fisici, animati dall’euforia che fremeva nei loro corpi come ogni volta che combattevano trasformati in quello stadio: uno status interiore al quale non avevano mai fatto l’abitudine. Li muoveva, inoltre, la consapevolezza che quel duello era più che speciale: perché lo avevano desiderato entrambi per tutto quel tempo; era come se il desiderio crescesse insieme al moltiplicarsi del numero dei colpi scambiati, poco importava che fossero schivati o incassati. Quello stato d’animo li spingeva a lottare al meglio, come forse mai avevano lottato prima d’allora, come se per la prima volta fossero l’uno alle prese con l’altro; e di fatto, si conoscevano da anni, ma sentivano di star facendo nuovamente conoscenza reciproca, come se fosse la prima volta. Era stata un’ottima idea, quella di imbastire quella sfida… “Quando mi ricapita di sfidare un Super Saiyan?” pensava ciascuno dei due, con un fremito di eccitazione forte come mai lo era stato il brivido che provavano lungo la schiena, ogni volta che si trovavano davanti degli avversari sempre più potenti. Erano davvero gli ultimi due veri eredi della razza Saiyan!
Colpo su colpo, Vegeta individuò una breccia nella difensiva di Goku, una piccola falla che gli permise di allungare un calcio alto al mento del rivale. Sbalzato all’indietro, Goku capitombolò; anziché rovinare passi-vamente al suolo, riuscì a poggiare le falangi delle mani a terra e darsi lo slancio all’indietro per eseguire un paio di agili ed acrobatiche capriole. Celermente, a mezz’aria, Goku lanciò vari brevi colpi di energia contro il rivale; il Principe, impegnato a respingerli, vide l’avversario scomparire con il teletrasporto ma non fu in grado di capire dove sarebbe ricomparso; Goku gli inflisse un pugno allo stomaco, poi scomparve nuovamente per ricomparire alle sue spalle e dargli una gomitata alla schiena che abbatté Vegeta a terra, tra la polvere secca. «Tsk! Dannato teletrasporto…» mormorò Vegeta sfregandosi lo zigomo con il dorso della mano. Attaccandosi nuovamente a vicenda, i due Saiyan si colpirono con successo mediante una serie di calci e pugni, finché Vegeta riuscì a mettere a segno una gomitata alla schiena di Goku, all’altezza del deltoide destro. Goku urlò per il dolore; poi, per ricambiare la gentilezza, si spostò rapidamente alle spalle di Vegeta e, bloccandolo in una presa da dietro con un braccio, lo afferrò per poi cominciare a bersagliare la sua schiena di pugni. Poi i due guerrieri dalle aure dorate si fermarono un istante per riprendere fiato.
«Ad ogni modo, hai colmato brillantemente il divario creatosi tra noi…» riconobbe Goku sorridendo.
«Non potevo certo stare con le mani in mano, Kakaroth… così come, di certo, nemmeno tu potevi rimanere in ozio, non è vero?» replicò Vegeta scrutandolo con uno sguardo carico di sarcasmo.
«Come vedi, mi sono allenato molto qua, da quando sono morto… E poi, seguendo da qui il tuo combatti-mento contro Cooler, ho sentito il mio cuore colmarsi di gioia, vedendo che anche tu avevi raggiunto livelli altissimi…»
«Quando ci affrontammo la prima volta, ti dissi che eri molto fortunato ad avere la possibilità di sfidare il più potente esponente della tua razza, sebbene fossi solo un guerriero di grado inferiore… mi ripeto: sei doppiamente fortunato, visto che questo è già il nostro secondo duello…! Adesso, però ti mostrerò la mia massima potenza! La vera potenza del Principe dei Saiyan!»
«Non desideravo di meglio! Scatenati pure… tanto l’Inferno non è un luogo che possa essere distrutto così facilmente…» rispose Goku.
Senza farsi attendere, Vegeta liberò al massimo la sua aura e si lanciò colpendo il rivale con una poderosa gomitata allo stomaco. Goku afferrò a due mani il braccio ancora piegato di Vegeta, lo fece roteare per un paio di giri ed infine lo scagliò con acceso impeto verso l’alto; teletrasportatosi alle sue spalle, lo colpì con un calcio a piedi uniti, facendolo precipitare al suolo. Il Principe, cadendo carponi, scavò un fossato di notevoli dimensioni; subito risalì ancora una volta a tutta velocità; poco prima che Goku si teletrasportasse per sottrarsi a quell’attacco, Vegeta si arrestò a mezz’aria; Goku scomparve e ricomparve dove aveva previsto che il Principe sarebbe ricomparso se non si fosse frenato di colpo, ma con sorpresa constatò di non trovarlo in quel punto. Spiazzato, ricevette una rapidissima capocciata in pieno petto; iniziò a precipitare verso il suolo, incalzato da Vegeta che continuava a colpirlo durante la caduta; infine, prima di impattare al suolo, riuscì a rimbalzare lateralmente per poi riportarsi a distanza di sicurezza. Vegeta iniziò ad inseguirlo, mentre Goku sfrecciava seguendo una linea prima retta, poi curva. Di colpo scomparve usando il solito teletrasporto; mentre Vegeta continuava a muoversi a super velocità in modo da rendersi un bersaglio difficile da colpire, Goku comparve sul lato destro. Con le mani raccolte sul fianco nella sua nota posa, Goku caricò e lanciò la sua Kamehameha; il Principe riuscì a difendersi lanciando dalla mano un’onda di energia rossa che si scontrò con la splendente onda azzurra di Goku. Mentre Goku era impegnato a lanciare l’onda, Vegeta con una capriola sfuggì all’essere un mero bersaglio in aria e calciò l’avversario al fianco. Goku accusò il colpo e precipitò verso terra, mentre anche Vegeta si fermava per riprendere fiato: tutte le loro azioni si erano susseguite a velocità sconvolgente, con un’impazienza frenetica da parte di entrambi, in un continuo colpirsi a vicenda e tentare di schivare l’attacco avversario. Goku iniziava sempre più a perdere energia, mentre Vegeta si portò al di sopra di lui colpendolo con una martellata a due mani sulla testa; come una vera furia, lo inseguì colpendolo con altri calci e pugni, sbattendolo al suolo. Per concludere il suo attacco, Vegeta decise di ricorrere al Big Bang Attack; lanciatolo, non trovò che l’aria… Goku si era salvato teletrasportandosi, proprio come Vegeta aveva preventivato. Ricomparve a pochi centimetri dal viso del Principe, e gli si aggrappò addosso, stringendolo con tutta la forza che aveva in corpo, digrignando i denti e ridacchiando. A sua volta, Vegeta strinse i denti, poi – prima che Goku gli allungasse una testata sull’ampia fronte – disse con un sorriso sprezzante: «Questa per te sarebbe una presa?!» Con un’esplosione di energia spirituale, si liberò, scaraventando l’avversario verso il basso. Rapidamente, lo raggiunse infliggendogli un calcio in rotazione a mezz’aria, colpendolo alle spalle, poco sotto il collo.
Goku si ritrovò a terra, in una fossa, qualche metro sotto il livello del terreno. Si fermò ad ansimare, senza smettere di sorridere; era contentissimo, perché quel combattimento – messo in atto per il puro gusto della competizione – gli stava dando il pretesto per dare fondo alle sue risorse. «A questo punto, il nostro scontro potrebbe anche finire qui. Ammetto che, come puro livello combattivo, mi sei leggermente superiore; quindi potrei anche dire basta a questo combattimento…»
«Cosa?!» domandò Vegeta sgomento, incredulo nello stato di frenesia dovuto al vantaggio di cui poteva usufruire. «Ma come…?! Di già...?
«Mi basta aver provato sulla mia pelle la tua vera potenza, ed era questo il mio scopo! Intendiamoci… se fossimo vivi e tu fossi stato un nemico pericoloso per la Terra, avrei combattuto fino in fondo, cercando di inventarmi qualcosa e di dare il tutto per tutto…»
«Mi stai offendendo, Kakaroth! È un modo per dirmi che ti arrendi, prima ancora di aver combattuto al massimo delle tue possibilità?? Devi dare il 100%, quando combatti con me!» sbraitò il Principe, irritato dal solo pensiero che Goku potesse non combattere seriamente contro di lui.
«Non ho detto questo! Dato che siamo qua agli Inferi, io non ho ancora finito… ho una tecnica che ti lascerà a bocca aperta, anche se la conosci già… incrementerà di molto il mio livello combattivo…» rispose con affabilità e sicurezza di sé il Saiyan di grado inferiore.
Vegeta lo fissò con un sorriso soddisfatto: “Cosa avrà in mente? Sono curioso…”
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Goku si posizionò a gambe divaricate; stringendo i pugni, lanciò un urlo che accompagnava la crescita verti-ginosa del suo potere interiore. Vegeta percepì l’abnorme cambiamento che si stava verificando nella forza del suo avversario, mentre anche il suo aspetto esteriore mutava: i muscoli, pulsando, gli si gonfiarono, l’aura che lo avvolgeva si tinse di un inedito color arancione fiammeggiante. «KAAA-IOOO-KEEEEN!!» scandì Goku con un tono di voce tanto possente da incutere timore.
«M-ma… questa tecnica…» commentò Vegeta sgranando gli occhi, sbigottito.
«Non parlare, Vegeta!» gridò Goku. «Attaccami alla massima potenza! È quello che volevi, no??»
Senza esitazione, Vegeta si accigliò digrignando i denti ed iniziò a bombardare il rivale allungando in avanti entrambe le mani, in modo alternato, e rilasciando una miriade di raggi energetici molto potenti; l’attacco durò per diversi secondi, sollevando polvere e detriti attorno a Goku, che si lasciò colpire senza batter ci-glio. Terminata l’offensiva, Goku schizzò in avanti esibendo una velocità impetuosa che Vegeta non riuscì a percepire. Con una luce furiosa negli occhi, il Saiyan più giovane colpì il Principe con un pugno alla faccia, poi una ginocchiata allo stomaco, infine lo afferrò per il braccio e lo scagliò al suolo con una forza micidiale. E in un secondo Vegeta giaceva al suolo, sconfitto.
Goku cessò di usare il Kaiohken: sospirò, sbuffando per la fatica; mentre Vegeta, inerme, dolorante, sfini-to in una manciata di colpi, ancora stentava ad accettare quell’improvvisa superiorità mostrata dall’avversario. Eppure egli conosceva bene la forza di un Super Saiyan, e ricordava ancora di quanto – ai tempi del loro primo incontro - Goku fosse capace di incrementare la propria forza in un istante con l’uso del Kaioken; combinando questi due fattori, era palese che ne sarebbe uscito un potenziamento a dir poco inverosimile.
«Ihih… Ti è piaciuto??» ridacchiò Goku con un largo sorriso sereno, posandosi al suolo vicino a lui e porgendogli la mano per aiutarlo a rimettersi in piedi.
Vegeta, che era pur sempre Vegeta, ignorò l’amichevole gesto dell’amico e si rimise in piedi senza aiuto. «Che potenza… che potenza incredibile! Mi hai messo KO in pochissimi colpi! Con questa forza potresti addirittura battere i due cyborg…» commentò Vegeta, scuro in viso, ma non senza una certa ammirazione.
«Eheh… non è così semplice. Il Super Saiyan è di per sé uno stadio abbastanza stressante, ed unito alla mia tecnica Kaioken comporta un dispendio di energie che riesco a reggere solo qua all’Altro Mondo, senza risentirne eccessivamente, visto che nel regno dei morti ci si affatica di meno… infatti, anche tu - che sei così malridotto - adesso inizierai senz’altro a recuperare le tue energie! Questo giochetto regge solo qua…»
In effetti, Vegeta constatò che recuperare le energie era operazione più rapida da morti che da vivi: lo avvertiva sul proprio corpo da defunto. «In definitiva, senza questa tecnica, come Super Saiyan sono più forte di te…» osservò compiaciuto il Principe.
«Già… E calcola che avrei potuto spingermi ancora più in là, con il Kaioken, incrementando ancora la mia forza; naturalmente mi sono trattenuto, perché era negli accordi che non ci saremmo uccisi a vicenda, e comunque io non voglio ucciderti. Non solo: oltre ad essere una tecnica estenuante, è anche pericolosa se non la si padroneggia come si deve, specialmente quando il corpo si trova a gestire un livello di energia così alto…»
Fu così che si concluse la tradizionale rivalità tra Goku e Vegeta. Goku aveva mostrato, come di consueto, di essere in grado di sfruttare tecniche e risorse pur partendo da una condizione di inferiorità. Vegeta, però, si considerava il trionfatore morale: anni di impegno e di severi allenamenti lo avevano condotto a recuperare l’abisso che le vicende di Namecc avevano scavato tra lui e il Saiyan di rango inferiore. Non solo, lo aveva persino surclassato!
E così, era giunto il momento dei saluti. Saluti definitivi, stavolta e per sempre. Prima di congedarsi dall’ex-rivale, Vegeta pensò bene di rivolgergli un’ultima raccomandazione. «L’hai capito anche tu, non è vero, Kakaroth..? Il segreto di noi Saiyan è quello di poter crescere illimitatamente… se solo ne avessi avuto l’opportunità, credo che avrei potuto superare il limite del Super Saiyan… non è possibile che noi Saiyan veniamo sconfitti così facilmente!»
«Sì… è per questo che non ho mai smesso di allenarmi…» precisò Goku.
«Kakaroth… allenati anche per me, mi raccomando.» concluse Vegeta con uno dei suoi sorrisi accigliati, proprio mentre, inviati da Re Enma, due diavoli impiegati di rango inferiore si presentarono a prelevare i due Saiyan.
«Addio, Vegeta... non ci vedremo mai più.»
«Addio, Kakaroth.» replicò il Principe dei Saiyan.
«Forza, maschio, diamoci una mossa.» disse a Vegeta una specie di scorbutico secondino con una terrificante mazza di ferro dalla quale sporgevano chiodi arrugginiti. «La pacchia è finita!»
«Sì, sì, ho capito…» ghignò Vegeta seccato. Il Principe si incamminò scortato dal diavolo, borbottando: «Ma dimmi tu se un Saiyan aristocratico come me deve essere condotto in questo modo alla stregua di un volgare galeotto…»
Rimasero sul posto Goku e l’altro diavolo, un impiegato in camicia e cravatta con gli occhietti tondi alla Mr. Popo. I due stavano dritti in piedi, uno di fronte all’altro, con le braccia distese lungo il corpo, e si fissavano negli occhi. Stettero così a guardarsi negli occhi, sorridendosi a vicenda per un paio di minuti; dopo Goku domandò: «E-ehm… qualcosa non va?»
«Devi andare nella reggia dorata degli Elisei, a scontare la tua reclusione secolare…» rispose il dipendente di Re Enma. «… è il prezzo che ti sei impegnato a pagare pur di concedere al tuo amico un’ultima battaglia.»
«Ah già. Me l’ero già dimenticato.» rispose il Saiyan, e ciò era segno di quanta poca importanza avesse dato a quell’impegno. Così, senza farsi pregare, Goku si incamminò, a sua volta accompagnato dal diavolo sorridente.
«Ma di preciso…» domandò allora Goku. «…in cosa consiste questa cosiddetta reclusione?»
«Semplice! Si sta rinchiusi in un posto, senza poterne assolutamente uscire per anni interi.»
«Ma praticamente vuol dire finire in carcere!» si lagnò Goku. Effettivamente, si rendeva conto solo ora di aver accettato la prigionia altruistica a scatola chiusa, senza sapere in cosa consistesse.
«Già.» continuò il diavolo con il suo sorriso cortese. «Non lo sapevi? In realtà il posto dove verrai imprigio-nato è un carcere meraviglioso e molto lussuoso, nel quale il defunto gode di una suite imperiale comoda e spaziosa. Per certi versi è come un carcere, ma è diverso da quelli a cui siete abituati voi mortali, perché NON troverai stanzini sporchi e stretti, promiscuità con numerosi altri carcerati, sorveglianti violenti e rissosi che pestano a sangue i galeotti con i manganelli, e sodomia.»
Goku fu condotto nella reggia; il posto coincideva appieno con la descrizione che gli era stata fatta dall’impiegato di Re Enma, che lo condusse alla sua stupenda suite: un appartamento, ampio, luminoso, confortevole e ben arredato senza sfarzi tecnologici, fornito anche di attrezzi ginnici del peso di diverse tonnellate. «Così è qui che dovrò trascorrere i prossimi secoli? Sembra noioso…»
«Non deve essere divertente… altrimenti, che prigionia è?» replicò il diavolo.
«In effetti… e per i pasti come ci organizziamo?» domandò Goku, toccando uno dei tasti che più gli interessavano.
«Naturalmente, ti verranno portate modeste quantità di cibo…» rispose l’impiegato. «… altrimenti, che prigionia è?»
«“Modeste”? Ma così morirò di fame…» si imbronciò Goku.
«Tu sei già morto…»
«Ah, già…» concluse Goku, sempre più avvilito. «Se non altro, potrò allenarmi… »
“Certo che Re Kaioh poteva anche avvertirmi…” pensò Goku, rimasto da solo.
Re Kaioh lo contattò telepaticamente: «Scusa, figliolo, mi spiace! Mi sembrava di avertene già parlato…! Ad ogni modo, non rattristarti… cosa vuoi che sia qualche secolo di prigionia davanti all’eternità? Prendila come una piccola siesta…»
«Una siesta?» si lamentò Goku. «Sarà così lunga che diventerà una siettima, altroché!»
«Aaaahhahhahah!» scoppiò a ridere Re Kaioh. «Hai fatto una bellissima battuta, complimenti! Senti, Goku, ci sentiamo… ogni tanto ti contatterò e ti farò qualche battuta comica, oppure manderò a trovarti qualcuno dei tuoi amici! A risentirci!»
Condannato a quella sorta di pena paradisiaca, Goku cominciò ad interrogarsi su come avrebbe potuto allenarsi. Come potenziare ulteriormente lo stadio di Super Saiyan? Ripensò alle ultime parole scambiate con Vegeta… E se davvero ci fosse stato ancora qualcosa di ulteriormente potente rispetto al super guerriero dorato? «Beh… ho secoli di allenamento a disposizione, per rispondere a queste domande… Al lavoro!» si disse Goku con solerte e zelante determinazione.
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Erano passati solo alcuni giorni dallo spaventoso incidente avvenuto sull’sola Amenbo, che aveva presentato all’umanità la comparsa dei due terribili cyborg. Quel giorno, mentre volava, Gohan non poteva evitare che gli eventi degli ultimi giorni riaffiorassero nella sua mente come sassi sul bagnasciuga, portati allo scoperto dalla risacca del mare. Le due creature, i due nuovi perturbatori della pace che regnava sul pianeta, avevano manifestato fin da subito il desiderio di appropriarsi del mondo intero. Non nel senso di instaurare un regime politico del terrore, autonominandosi re o dittatori, come aveva fatto anni prima il Demone Piccolo. A loro due era sufficiente seminare qua e là qualche strage dagli effetti circoscritti; diedero così chiari segnali riguardo alla loro intenzione di divertirsi alle spalle di tutto e tutti, calpestando senza alcuno scrupolo la vita e la dignità degli esseri umani. Non vi era dubbio che fossero due criminali da fermare il prima possibile, non fosse altro che per arginare l’ondata di dolore di cui erano latori. In tal senso, una sorta di piano d’azione era stato abbozzato grazie all’irriducibile forza d’animo dei superstiti del gruppo dei difensori della Terra: Bulma avrebbe messo a disposizione l’astronave costruita da suo padre e collaudata da Vegeta, ma solo dopo che Gohan si fosse reso più forte, allenandosi severamente nella gestione dei suoi poteri nascosti di Super Saiyan. Grazie al maestro Muten, il giovane meticcio aveva appreso anche come procedere per perfezionarsi.
Una prima difficoltà era stata quella di persuadere sua madre a lasciarlo agire. Ormai Gohan sentiva e viveva quella situazione come un dovere morale nei confronti dei suoi amici caduti, e dell’umanità tutta; si era voluto far carico da solo, di sua iniziativa, della buona riuscita dei suoi intenti, e mai avrebbe tollerato che Chichi si opponesse ai suoi doveri. Bulma, perfettamente inserita nella comunità dei massimi scienziati, gli aveva raccontato tutto quello che sapeva su quel famigerato Red Ribbon menzionato da Yamcha in punto di morte, e gli aveva comunicato anche quel poco altro che era riuscita a scoprire sullo scienziato che presumibilmente stava alle origini delle nuove disgrazie, ossia il folle dr. Gero. Dunque, l’accaduto e quel che ne era seguito erano conseguenze storiche dell’eroica impresa giovanile di suo padre Goku, ed ora toccava a lui porvi rimedio. Quando il ragazzino aveva manifestato a sua madre i propositi e le sue intenzioni, Chichi era scoppiata in una delle sue leggendarie sfuriate isteriche sull’importanza dello studio e sul terrore di rimanere sola e di perdere tutto ciò che restava della famiglia che aveva voluto creare con Goku. All’isteria erano seguite lacrime calde ed abbondanti. Alla fine, con l’amarezza del cuore, aveva dovuto cedere e lasciarsi persuadere dal figlio, più determinato che mai; e arrendersi all’evidenza che la Terra non aveva altri messia che l’avrebbero salvata, ad eccezione del giovane mezzosangue. Alla fine, al momento della partenza, lo aveva accompagnato fuori dall’uscio, per seguirlo con gli occhi fino all’ultimo.
«Gohan… promettimi che diventerai imbattibile… promettimi che tornerai vincitore e non mi abbandone-rai più, e vivremo per sempre una vita normale…» gli disse commossa, salutandolo nel cortile davanti casa, e in cuor suo approvando i nobili intenti ed aspirazioni del bambino.
«Certo che te lo prometto, mamma! È tutto quello che voglio…» replicò convinto il figlio.
«Promettimelo di nuovo!» intimò di nuovo Chichi, i cui occhi si riempivano di lacrime.
«Te lo prometto…» si accigliò il ragazzino. Commosso, assecondò l’istinto di abbracciarla. Poi si levò in volo.
Le indicazioni fornite dal maestro Muten lo avevano condotto al posto giusto: ecco, infatti, che l’alta torre di Karin era già in vista. Quella che a distanza appariva come una sottile linea che si ergeva su uno spiazzo in mezzo alla foresta, via via che ci si avvicinava si presentava come un altissimo obelisco in pietra la cui superficie esterna era decorata da variegati motivi geometrici. Percorrendo in volo l’altezza lungo la quale saliva la torre, prima di giungere a destinazione, il meticcio riconobbe quella che, salendo dal basso, era la tappa intermedia.
«Quella è sicuramente l’abitazione del maestro Karin!» disse fra sé il figlio di Goku, davanti ai cui occhi si stagliava in tutta la sua imponenza l’altissimo monumento sacro. La torre, la cui altezza si mostrava sempre più impressionante a mano a mano che ci si avvicinava ad essa, si elevava al punto da perforare uno strato di candide nubi e sparire al di sopra di esso. Gohan sfrecciò sempre più in alto seguendo la torre come fosse una scia. Raggiunse immediatamente una costruzione dalla forma tondeggiante posta sulla sua sommità: l’eremo in cui viveva il maestro Karin, in compagnia del grasso samurai Yajirobei.
«Salve a tutti.» disse Gohan, approdando dentro la sala per rivolgere un saluto ai due inquilini.
«Salute a te, Son Gohan.» lo salutò il gatto. «Ciao, bello.» aggiunse Yajirobei.
«Non ci vediamo da un po’…» osservò il ragazzino.
«Sappi che sto coltivando nuovi senzu… e sappi anche che apprezzo ed approvo il tuo piano. So già tutto. Purtroppo la situazione è molto critica e non possiamo nemmeno contare sull’aiuto fondamentale rappre-sentato dalle Sfere…»
«Però sappiamo che su di te si può fare affidamento!!» si affrettò a precisare il codardo obeso.
«Certo…» insinuò il gatto rivolgendosi sornione al suo coinquilino. «Se dovessimo affidarci a te…»
«Ah sì?? Allora dimmi, palla di pelo, chi è che ha ferito quel pazzo di Vegeta alla schiena? Chi è che gli ha tagliato la coda?? Non rispondi, eh?? Ci sei rimasto come un ebet-» domandò il samurai incalzando, finché il micio non lo picchiò sulla testa col suo bastone. Si udì un sonoro rintocco di legno cavo sulla zucca del cic-cione. Gohan soffocò un sorrisetto divertito dal battibecco tra i due, poi dichiarò: «Volevo solo salutarvi… adesso continuerò a salire…»
«In bocca al lupo, figliolo… Quando deciderai di affrontare i cyborg, non dimenticarti di venire a prendere i senzu.»
C’era un solo luogo al mondo dove era possibile ritrovare sé stessi nella propria interiorità. Gohan ricordava che Goku gliene aveva sempre parlato come un luogo di pace e silenzio assoluto; nel giro di pochi secondi,
Gohan mise piede sul bianco pavimento piastrellato del santuario di Dio. Mr. Popo gli si fece incontro; Go-han iniziò a spiegare quali intenzioni lo avevano spinto a presentarsi: «… e quindi avrei bisogno di essere addestrato a sfruttare appieno i miei poteri di Super Saiyan! Da quando mi è successo per caso la prima volta, non sono più riuscito a ripetere quel miracolo!» raccontò il ragazzino con costernazione.
«Purtroppo, non essendo un Saiyan, non conosco come funzioni il processo che vi porta ad una trasformazione. Però, se davvero intenderai allenarti qui sotto la mia guida, sappi che non saranno tollerate agitazioni. Sono disposto a seguirti e ospitarti per tutto il tempo che sarà necessario, fossero anche mesi… ti avverto, nonostante tu sia già ad un buon livello. È una questione di status mentale, non di potenza fisica… o, per meglio dire, da un certo status mentale può scaturire una grande potenza spirituale. In questo senso, io posso aiutarti.» spiegò il custode del santuario.
«Mesi?» ripeté sbalordito il mezzo Saiyan, che non sospettava di dover perdere tutto quel tempo. «Ma le città e l’umanità rischiano la distruzione ogni giorno che passa…! Come potrei impiegare tutto questo tempo ad allenarmi, sapendo che il mondo…»
«La crescita e il miglioramento sono figli della pazienza, Gohan. Se non sei disposto a mettere da parte ogni singolo cattivo pensiero che passerà per la tua giovane mente, io non potrò essere in grado di insegnarti nulla. Se ci riuscirai, potrai dire che l’allenamento sarà stato proficuo… specie perché vorrà dire che avrai superato il tuo attuale modo umorale di combattere.»
«Ma… i cyborg…!» provò ad obiettare nuovamente il ragazzino.
«Non devi scalpitare… se vuoi imparare a gestire i tuoi poteri, devi dimenticarti di qualunque legame con la Terra. In quello che sta accadendo sulla Terra, tutti abbiamo già perso qualcuno a noi caro…» affermò Popo, che non poteva certo dimenticare l’ultimo Dio di cui era stato il secolare assistente. «E molti altri perderanno ancora qualcosa o qualcuno di caro… tuttavia, sarà necessario del tempo; ma i cyborg, il caos e tutte le altre difficoltà non debbono alterare la tua concentrazione. Naturalmente, se qualcuno dei tuoi cari sarà minacciato, io non ti fermerò… ma ricorda, ogni distrazione o interruzione andrà a tuo detrimen-to.»
Gohan tacque perplesso. Puntava lo sguardo verso il vuoto in cui era posizionata quella piattaforma. Vedeva chiaramente come gli argomenti di quell’ometto nero fossero razionali, ma i sentimenti lo inducevano inevitabilmente a preoccuparsi.
Popo approfondì e chiarificò il suo pensiero. «Dovrai mantenerti calmo ed imperturbabile come il cielo al di sopra delle nubi, ma veloce come il fulmine. Solo così riuscirai a gestire il tuo stadio di Super Saiyan.» Concluse Popo, che nell’atteggiamento impaziente di Gohan rivedeva ora l’impazienza irrefrenabile di un Goku adolescente, ora l’impronta caratteriale del maestro Piccolo. «Se può servirti da ispirazione, sappi che Goku non ha mai esitato davanti alla prospettiva di passare tre anni qua con noi, pur di riportare la pace del mondo…»
Ecco, quello fu l’argomento decisivo: Gohan decise che a tutti i costi si sarebbe mostrato degno di suo pa-dre, dato che in quella circostanza era l’unico che avrebbe potuto riportare la pace nel mondo. «Io sono pronto.» dichiarò il figlio di Goku.
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«Allora cominciamo subito.» annunciò Popo senza perdere il suo sguardo calmo. «Prima di tutto, devi conoscere te stesso, la profondità della tua anima e il nucleo dell’energia del tuo spirito… sarà come ricominciare da capo…»
«E tutti gli allenamenti fatti con Piccolo?» ribatté Gohan quasi indispettito, come se Popo volesse indurlo a rinnegare tutto quello che aveva appreso fino ad allora dal maestro namecciano.
«Piccolo è stato un ottimo insegnante sul piano della tecnica e delle abilità speciali. Tuttavia, sappiamo che la tua capacità e la tua potenza dipendono molto dal tuo stato d’animo, e ciò è indice del fatto che la padronanza che hai della tua anima non è perfetta. Goku, Piccolo o Vegeta non hanno mai subito deficit della forza combattiva dipendenti dal proprio stato d’animo, tu invece sì… con il nostro addestramento, cercheremo di ovviare a queste carenze. Quando avremo finito, riuscirai a lottare sempre al massimo delle tue capacità.»
Posto in quei termini, quello stato di isolamento geografico e spirituale in compagnia del buffo maestro riusciva a Gohan quasi allettante.
Mr. Popo non rivelò al nuovo allievo ciò che gli passava per la testa, che ovviamente sarebbe rimasto indecifrabile attraverso il suo sguardo. “È naturalmente predisposto al miglioramento: se tutto procede come spero, e Gohan impara a controllare i poteri latenti che per ora solo la rabbia gli permette di tirar fuori, passerò alla fase successiva, e lascerò che si alleni autonomamente nella Stanza dello Spirito e del Tempo. Anche se ciò richiederà molta fatica per lui… Prima, però, deve stabilizzarsi: altrimenti è inutile sottoporlo a quella tortura per il corpo e la mente.”
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L’ANGOLO DELL’AUTORE
Il titolo del capitolo fa riferimento alle due situazioni narrate: la conclusione della tradizionale contrapposi-zione Goku/Vegeta (punto) e l’inizio di un nuovo ciclo di allenamenti per Gohan (a capo).
Volevo precisare che non ho specificato il grado del Kaioken: tuttavia siamo su livelli bassi, perché Goku non ha bisogno di usare un livello eccessivo, tipo x10 o x20, visto che basterebbe già il Kaioken al livello base o doppio (applicato al Super Saiyan) per farlo diventare enormemente più potente di Vegeta, e anche dei due cyborg.
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Goku: «[...]Così morirò di fame!»
Impiegato: «Tu sei già morto…»
Goku: «Ah, già…»
Sbaglio o qui c'è una mezza-citazione di Brook? (Yohohohoho!XD)
A parte questo, è molto bello il combattimento tra Goku e Vegeta: Una degna fine per una epocale rivalità.
Secondo me, però, anche da morto Goku dovrebbe fare una fatica madornale a reggere il Kaiohken base. Il Super Saiyan non sarà stressante come il Kaiohken ad alti livelli (come il x3-x4), ma ogni volta che lo usano, ci rimangono solo per pochi capitoli (che normalmente coprono un arco di pochi minuti, Namecc ne è l'esempio), per poi iniziare a calare (ex. Vegeta Vs 18) ed infine tornare normali (stanchi).
Il solo primo livello di Kaiohken è già più stressante, infatti Goku nello scontro con Vegeta lo utilizza a scatti (Un pò come fa ora Luffy col Gear 2nd in One Piece, anche se in maniera un pò differente); Per fare le dovute proporzioni diciamo:
Stress Super Saiyan = X
Stress Kaiohken^1 = 2X
Combinando i due fattori, logicamente parlando (come se in DB si possa parlare di logica :rotfl:), Goku dovrebbe poter usare il Kaiohken come faceva col x3 (cioè che può usarlo per qualche manciata di secondi, senza che per questo gli scoppino letteralmente le vene del cervello e i muscoli) (da morto).
Interessante anche la faccenda del controllo d'anima di Gohan. Ho sempre pensato che i suoi famosi "Power up da rabbia" fossero un fattore genetico o personale (perché è un mezzo-sangue o perché è una caratteristica del personaggio etc.), m devo dire che il tuo ragionamento spiega molto meglio la cosa. E si allaccia anche troppo bene al manga, dove effettivamente Gohan da un certo punto in poi non ha più i suoi potenziamenti da sfuriate, dopo che diventa il "Saikyou no Senshi" per mano di Rou Kaiohshin; Se si nota, d'altronde, in questo stadio Gohan è molto più calmo e sicuro di sé. Forse il Rou col potenziamento non solo ha stabilizzato il Ki di Gohan sul suo limite, ma gli ha anche dato una sorta di "controllo" della sua anima interiore, in modo da arrivare in maniera naturale dove prima poteva arrivare solo con la furia.
Madonnina santa, devo smetterla con le teorie folli :rotfl: :rotfl: :rotfl:
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Originariamente Scritto da
Vegeth SSJ3 Full Power
Goku: «[...]Così morirò di fame!»
Impiegato: «Tu sei già morto…»
Goku: «Ah, già…»
Sbaglio o qui c'è una mezza-citazione di Brook? (Yohohohoho!XD)
Io amo Brook quando fa queste battute! Del resto il suo modo di essere morto, da quando Rufy lo ha liberato dalla maledizione di Moria, è molto in linea con l'umorismo che regna nell'Aldilà di re Kaioh e re Enma - infatti in generale le scene ambientate nel regno dei morti sono molto divertenti, siano esse originali o filler (e fra i filler, coerenti o no con il manga)!
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Originariamente Scritto da
Vegeth SSJ3 Full Power
A parte questo, è molto bello il combattimento tra Goku e Vegeta: Una degna fine per una epocale rivalità.
Secondo me, però, anche da morto Goku dovrebbe fare una fatica madornale a reggere il Kaiohken base.
Ma infatti se hai notato non è che Goku faccia chissà cosa, a parte reggere lo stato di Kaiohken con il Super Saiyan: si fa colpire, attacca e lo colpisce qualche volta! Questo appunto perchè esagerare lo è alquanto debilitante...
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Vegeth SSJ3 Full Power
Interessante anche la faccenda del controllo d'anima di Gohan. Ho sempre pensato che i suoi famosi "Power up da rabbia" fossero un fattore genetico o personale (perché è un mezzo-sangue o perché è una caratteristica del personaggio etc.), m devo dire che il tuo ragionamento spiega molto meglio la cosa. E si allaccia anche troppo bene al manga, dove effettivamente Gohan da un certo punto in poi non ha più i suoi potenziamenti da sfuriate, dopo che diventa il "Saikyou no Senshi" per mano di Rou Kaiohshin; Se si nota, d'altronde, in questo stadio Gohan è molto più calmo e sicuro di sé. Forse il Rou col potenziamento non solo ha stabilizzato il Ki di Gohan sul suo limite, ma gli ha anche dato una sorta di "controllo" della sua anima interiore, in modo da arrivare in maniera naturale dove prima poteva arrivare solo con la furia.
Madonnina santa, devo smetterla con le teorie folli :rotfl: :rotfl: :rotfl:
Altro che teoria folle, la tua è una possibile interpretazione dei fatti visti nel manga.
In fin dei conti il bisogno di ricorrere alla rabbia per potenziarsi è sempre stato un handicap, nel senso che doveva avere gli stimoli giusti per tirare fuori il meglio di sè. E nemmeno l'allenamento con Goku nella Stanza dello Spirito e del Tempo ha corretto questo suo "difetto", anzi Goku ha scommesso tutto sul difetto di suo figlio per rovesciare la situazione di inferiorità contro Cell prima, e contro Darbula poi.
Guarda caso... quand'è che non si parla più di potenziamenti collegati alla rabbia in Gohan? Quando viene potenziato dal vecchio Kaiohshin. Su questo stadio ci vengono svelati due elementi importanti: 1) lo Gohan viene potenziato "oltre il limite, e ancora oltre", quindi in teoria Gohan non aveva più nulla da tirare fuori; 2) Piccolo: "...la sua aura non è più quella di prima, non ha più indulgenza... per questo non riuscivo a riconoscerlo". Quest'ultima frase vuol dire che non c'è più quella netta scissione tra un Gohan calmo e pacifico che stenta a potenziarsi, e un Gohan infuriato che lotta al massimo... in quello stadio, Gohan è naturalmente portato a combattere con uno stato d'animo al tempo stesso calmo ma fermo e deciso, e quindi pronto fin dall'inizio a sfoderare il top senza aspettare di essere stuzzicato dal nemico.
Certo questo non spiega perchè Goten e Trunks non abbiano mai mostrato queste difficoltà. C'è da dire che si presume che Goten e Trunks siano più forti perchè concepiti dai loro padri quando avevano uno stato di potenza molto elevato, per cui la potenza che i bambini possono raggiungere già da piccoli è influenzata dal potenziale che avevano alla nascita. Probabilmente quella della rabbia è una caratteristica psicologica solo di Gohan, che fin da piccolissimo ha sempre espresso una certa contrarietà alla lotta e ha combattuto per senso del dovere; invece Goten e Trunks almeno da piccoli mostrano di essere attratti dal combattimento, sia pure solo come un gioco, e sono sempre loro a volersi cimentare nella lotta, anche senza essere costretti - tanto è vero che scoprono da soli il Super Saiyan 3 senza bisogno di rabbia, ma solo avendolo visto eseguire da Goku.
C'è anche da dire che, per il poco che li abbiamo visti combattere, non ci sono mai state situazione drammatico-tragiche come quelle vissute da Gohan che abbiano agito da stimolo su di loro, quindi non possiamo sapere se e quanto la loro potenza si sarebbe incrementata se si fossero trovati loro al posto di Gohan.
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giusto, giusto :sisi: :sisi:.
Ma una domandina veloce (in stile SBS): Quanti secoli dovrebbe scontare Goku nella reggia degli Elisei? 2? 3?
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Non ci ho pensato nemmeno io! :P Perchè è una questione irrilevante ai fini della trama... quindi faccio come Toriyama, che spesso evita di spiegare i dettagli della sua storia (anche quelli rilevanti o interessanti, a volte).
Più che altro era per dare una motivazione al fatto che Goku è stato estromesso ed estraniato del tutto dalle future vicende della linea temporale di Trunks; anche se fosse solo un secolo di reclusione, sarebbe più che sufficiente a farlo uscire dal carcere a problema risolto. :)
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Finalmente mi sono messo in pari!
Che dire? Adoro questa fanfiction.
La saga di Cooler è stata magistrale in tutto e per tutto. Non c'è nessun aspetto che non mi abbia pienamente convinto, e dunque non posso che unirmi al coro di elogi.
Per quel che riguarda gli ultimi capitoli devo dire che inizialmente li ho trovati un pò sbrigativi, ma ripensandoci bene invece sono perfetti, ed è giusto che siano stati così. Ormai ero convinto che avremmo assistito alla fine del torneo, e che quindi la saga dei cyborg sarebbe iniziata dopo lo stesso. Invece l'entrata in scena del Dottor Gero e le sue creature è stata improvvisa. Hanno di fatto spezzato la storia che si stava sviluppando e hanno ucciso rapidamente uno dopo l'altro personaggi a cui avevamo imparato ad affezionarci nell'arco della storia. Ha trasmesso perfettamente quello che devono aver provato i guerrieri Z. Dei nemici invincibili che vengono dal nulla, ai quali non erano minimamente preparati. E' stato tutto molto brusco, veloce e improvviso, quasi traumatico.
Adesso sono curioso di vedere quali aneddoti ci racconterai e in che modo tutto questo si colleggerà con la serie originale.
P.S: Il monito finale dei cyborg a Gohan mi ha un pochino ricordato quello delle iene a Simba quando fugge dal regno ne "il re leone". Citazione colta o ho preso un granchio? :D
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Final Goku II
Che dire? Adoro questa fanfiction.
La saga di Cooler è stata magistrale in tutto e per tutto. Non c'è nessun aspetto che non mi abbia pienamente convinto, e dunque non posso che unirmi al coro di elogi.
Per quel che riguarda gli ultimi capitoli devo dire che inizialmente li ho trovati un pò sbrigativi, ma ripensandoci bene invece sono perfetti, ed è giusto che siano stati così. Ormai ero convinto che avremmo assistito alla fine del torneo, e che quindi la saga dei cyborg sarebbe iniziata dopo lo stesso. Invece l'entrata in scena del Dottor Gero e le sue creature è stata improvvisa. Hanno di fatto spezzato la storia che si stava sviluppando e hanno ucciso rapidamente uno dopo l'altro personaggi a cui avevamo imparato ad affezionarci nell'arco della storia. Ha trasmesso perfettamente quello che devono aver provato i guerrieri Z. Dei nemici invincibili che vengono dal nulla, ai quali non erano minimamente preparati. E' stato tutto molto brusco, veloce e improvviso, quasi traumatico.
Adesso sono curioso di vedere quali aneddoti ci racconterai e in che modo tutto questo si colleggerà con la serie originale.
Grazie del commento! Di vari altri aspetti della fanfiction abbiamo più o meno parlato in privato, ora ti ringrazio perchè hai colto l'effetto "trauma" che volevo dare alla storia. E' stato triste dire addio a gente come Vegeta (da cui la storia ha avuto inizio), Crilin, Ten e gli altri, che mi sono divertito ad approfondire (e per farlo ho dovuto togliere di mezzo la primadonna per eccellenza, ossia quel Goku che fungeva da collante per il resto del gruppo). Ma del resto non potevo far sì che 17 e 18 si mettessero a discutere e chiacchierare delle loro motivazioni, delle loro origini e dei loro scopi. Non l'hanno fatto nella storia originale perchè non è nella loro natura dare confidenza al nemico... quindi i nostri beniamini hanno dovuto farsi bastare quel poco che i cyborg hanno rivelato.
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Final Goku II
P.S: Il monito finale dei cyborg a Gohan mi ha un pochino ricordato quello delle iene a Simba quando fugge dal regno ne "il re leone". Citazione colta o ho preso un granchio? :D
Complimenti! Come direbbe Orso Bartholomew, "Hai colto nel segno"! Addirittura, in fase di stesura iniziale, avevo pensato di far dire a 17 la stessa battuta della iena maschio Banzai ("Hai sentito?? Semmai tornerai, ti uccideremo!!"), del resto ci sono molte affinità fra le due coppie: risparmiano l'eroe della storia quando è piccolo per ritrovarselo davanti cresciuto, la femmina è più glaciale, il maschio è più spiritosone... Insomma, ci stava. Poi ho preferito modificare la frase, in modo che si capisse per quale motivo 17 e 18 hanno scelto di proposito di risparmiare l'unico al mondo che poteva mettere loro i bastoni fra le ruote - mentre le iene di Scar hanno fallito un po' per sfortuna, un po' perchè sono imbranate. [PS: Il Re Leone è mio film Disney preferito :D ]
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VirusImpazzito
[PS: Il Re Leone è mio film Disney preferito :D ]
Non sei l'unico. Non a caso, prima di Frozen, era il film Disney col maggiore incasso totale nella storia, oltre che l'unico ad aver superato il miliardo di Dollari durante la prima settimana di proiezione nei cinema.
Tra l'altro anche il coro delle gemelle di Soya è un ovvio riferimento al Film (quanto mi mancheranno quei ragazzi :cry: :cry:).
A proposito, credo sia inutile chiedertelo, ma: loro si reincarneranno, giusto?
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Vegeth SSJ3 Full Power
Tra l'altro anche il coro delle gemelle di Soya è un ovvio riferimento al Film (quanto mi mancheranno quei ragazzi :cry: :cry:).
Il coro delle gemelle? O_O Ho capito le citazioni inconsce, ma qua mi sono perso...
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Originariamente Scritto da
Vegeth SSJ3 Full Power
A proposito, credo sia inutile chiedertelo, ma: loro si reincarneranno, giusto?
Ho voluto glissare perchè in fondo ho cercato di evitare che questi personaggi prendessero più spazio del dovuto... Il torneo è stato un "divertissement" che ha posto le basi per i cyborg partendo da un'atmosfera comico-demenziale modello prima serie. In sostanza volevo dare un po' di spazio (contenuto: mi sono limitato) a dei personaggi che nella saga di Cooler sono stati sullo sfondo, e però la loro presenza ha influenzato la vita dei "nostri eroi" canonici. Dovendo poi fare la parentesi nell'aldilà per chiudere definitivamente le avventure del gruppo Goku/Vegeta/Piccolo/Crilin/Ten/Yamcha/Jiaozi, ho accennato rapidamente sulla loro sorte ultraterrena, dunque non mi andava di soffermarmi in modo troppo pignolo sul destino ultraterreno dei ragazzini.
Visto che però il discorso ti incuriosisce, ti dico come potrebbero essere andate le cose nella mia testa:
Soya: Paradiso senza trattamento privilegiato da eroi (ossia senza corpo fisico)
Ramen: idem come Soya. Questo perchè entrambi sono animati sempre da intenzioni e pensieri positivi, anche quando fanno qualche sfuriata.
Ivanovich tenderei a metterlo nel Paradiso ma, a differenza di Ramen che è più puro, ha un animo affetto da difetti più umani (invidia, irascibilità ecc.), pur essendo un bravo ragazzo; e presumo che Re Enma valuti non solo le azioni compiute, ma anche i sentimenti e il cuore di chi li compie, ossia una valutazione globale della vita della persona.
Le due gemelle sono un caso ancora più limite ed ambiguo: di base sono buone, viene detto che usano le arti marziali per scopi positivi (tipo sedare le risse dei bulli), ma sono dispettose, provocatorie, disubbidienti verso la povera Soya, a cui però vogliono bene; senza dimenticare l'episodio in cui ci provavano con Yamcha e lo hanno fatto lasciare da Bulma, il che mostra anche una notevole malizia. Questo mix di pregi e difetti non permetterebbe di giudicarle come "buone" e meritevoli del Paradiso come la sorella maggiore, quindi rientrerebbero nelle persone neutre che si reincarnano.
Questi erano i miei ragionamenti. Confesso che effettivamente questo dover separare le due gemelle da Soya, e Ramen da Ivanovich un po' mi intristiva perchè pensavo che, pur essendo stati affiatati in vita, nell'eternità post-mortem sarebbero stati separati... e anche per evitare questo imbarazzo ho sorvolato sul discorso, lasciando che sia il lettore a farsi le sue idee su questi personaggi che comunque sono secondari. Invece ho ritenuto importante soffermarmi sui casi "illustri" di due grossi ex-antagonisti della storia, ossia Piccolo e Vegeta.
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VirusImpazzito
Il coro delle gemelle? O_O Ho capito le citazioni inconsce, ma qua mi sono perso...
Ci sono arrivato dopo, "Hakuna Matata", era una microcitazione. :lol:
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VirusImpazzito
Ci sono arrivato dopo, "Hakuna Matata", era una microcitazione. :lol:
Esatto! :ok::ok:
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Battiamo il ferro finchè è caldo e diamoci dentro con il cap. 57!
Cap. 57: Cronache di un mondo disperato.
I cyborg 17 e 18, i due “figli parricidi” creati dal Dr. Gero, si servivano dell’intero come fosse un giocattolo; anzi… come fosse un immenso parco giochi che avevano a disposizione, a loro esclusivo uso e consumo. Nel giro di pochi giorni, i due esseri si erano fatti conoscere agli occhi del mondo come due stratosferici pericoli pubblici capaci di uccidere gli uomini senza alcuno sforzo né rimorso, e di spazzare via edifici ed addirittura interi centri abitati con un unico attacco.
Un primissimo, incosciente tentativo di salvezza era stato posto in essere pochi giorni dopo la strage dell’isola Amenbo. L’improvvisato messia della Terra era quel Mr. Satan che abbiamo visto combattere nei quarti di finale dell’ultimo Tenkaichi contro Kaya, venendone sconfitto. Desideroso di tornare alla ribalta e di riscattare la sua immagine pubblica, il campione di wrestling rilasciò varie interviste in tv assicurando che i due nuovi nemici, ormai tristemente celebri in tutto il mondo, altro non erano che due millantatori; due impostori che avevano sterminato il pubblico dello stadio usando ordigni esplosivi ed altri “trucchi” simili e che, in un corpo a corpo, non avrebbero avuto scampo contro di lui. Nulla di tutto ciò che era accaduto nel mondo era farina del loro sacco, a suo dire; inoltre, insisteva ancora nel giustificarsi, sostenendo che durante il Torneo era stato sconfitto per un errore di distrazione; chiaramente, non aveva capito nulla della forza dei due cyborg. Lanciò la sfida pubblica ai due cyborg; fissato l’appuntamento e presentatosi in pompa magna come l’eroe che avrebbe salvato il mondo dall’abisso della sofferenza, divenne famoso per le immagini diffuse in mondovisione che lo ritraevano nell’atto di venire ucciso a mani nude dal numero 17, senza l’ausilio di bombe o esplosivi vari. Decisamente non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, né peggior cieco di chi rifiuta di credere ai propri occhi.
Nel frattempo, data la spaventosa potenza dei nemici, il Governo in via segretissima aveva già mobilitato le fabbriche di armamenti per costituire il più poderoso arsenale bellico che si fosse mai visto sulla Terra, con l’obiettivo di distruggere totalmente i nemici. La situazione era disperatissima… solo radunando le più efficienti forze di terra, di aria e di mare si sarebbe riusciti a venirne a capo. O almeno, di questo erano convinti il Re e i suoi ministri. Inutile dire che la marina militare divenne protagonista di una “battaglia navale”… nel senso che i cyborg, con il loro crudele spirito giocherellone, decisero di giocare a battaglia navale con le navi della militari, demolendone a decine, a colpi di “colpito!” e “affondato!” A loro volta, poi, i cyborg giocarono a bowling con i carri armati delle forze armate di terra usando come palle le loro sfere energetiche; poi si impossessarono di alcune bombe dell’esercito, e nei giorni successivi le usarono come proiettili per giocare al tiro al piattello, usando come bersagli gli asteroidi dello spazio aperto.
Chi vi narra questa storia è consapevole che, raccontate in questi termini, le vicende hanno un che di comico; per chi si trovava a viverle in quanto abitante di quel mondo, tuttavia, la situazione era disperante e disperata. L’esercito fu totalmente sterminato. Nel giro di pochi mesi, i due esseri semi-artificiali instaurarono un clima di paura e panico permanenti: tutto il mondo era virtualmente nelle proprie mani; aggredivano ed attaccavano capricciosamente punti a casaccio del pianeta, colti dall’ispirazione del momento. Certo, non potevano permettersi il lusso di uccidere troppe migliaia di persone alla volta, altrimenti gli esseri umani si sarebbero esauriti e il pianeta sarebbe rimasto deserto. Devastazione sì, ma con calma, ed inframmezzata da altri passatempi, come lo shopping e i videogames. Agli occhi dell’umanità, il mondo non aveva salvezza: tutti coloro che erano noti per la propria forza sovrumana avevano fallito nel tentativo di distruggerli, e nessuno sapeva che Gohan si stava allenando con impegno in modo appartato e segreto, in un luogo irraggiungibile per chi non sapeva dove esso si trovasse, quale era il santuario di Dio.
Nel giro di sei mesi, la società umana era profondamente cambiata. I notiziari erano dei bollettini di guerra permanente. Le città si erano svuotate, dato che si credeva che i grossi centri abitati costituissero per i distruttori delle golose attrattive più dei piccoli centri e delle campagne. Chi possedeva un’abitazione in campagna, vi si trasferì, come se una fattoria piantata in mezzo ad un pugno di terra non desse nell’occhio; chi non possedeva nulla, talvolta scappava nei boschi, fra le montagne, nella speranza che 17 e 18 non avessero motivi d’interesse per andare a setacciare quei luoghi selvatici. Vi fu chi, possedendo numerosi beni in città, preferì sbarazzarsene e fuggire, mentre altri preferirono maggiormente rimanere in città e godere del proprio patrimonio. Altri, più scettici e sfiduciati, avevano deciso di lasciare perdere la fuga… del resto, agli occhi dei più, quei due mostri avrebbero potuto far saltare il pianeta pezzo per pezzo. Da tale punto di vista, l’agitazione e il disordine divenivano quasi una vittoria morale dei cyborg che volevano sprofondare l’umanità nel caos. Perché dar loro questa soddisfazione? Anche Bulma la pensava così, e in aggiunta a ciò decise di rimanere nella grande Città dell’Ovest dove era sempre cresciuta, per più di una ragione. Poiché i suoi bislacchi genitori ritenevano doveroso da parte loro non abbandonare tutti gli animali che avevano cresciuto con cura e tanto amore, ella non poteva abbandonarli, nonostante dovesse a sua volta crescere un figlio. La facoltosa famigliola decise dunque di rimanere unita, e con l’andar del tempo finì per profondere copiose risorse economiche nell’assistere coloro che ne avevano bisogno in giro per il mondo, sovente superstiti di qualche attacco dei cyborg. Che Bulma e la sua famiglia fossero delle persone generose, era noto a chi usufruiva delle loro largizioni; tuttavia, la maggior parte delle persone era molto diversa da loro. Presi dalla smania di sopravvivere a tutti i costi, molti uomini intrapresero la via della malavita, del crimine e delle aggressioni: ci si procurava ciò che occorreva minacciando il prossimo con armi di vario tipo. Il prestigio delle istituzioni, l’influenza delle autorità erano ormai risibili, malgrado il Re del mondo si fosse sempre mostrato un governante benevolo e preoccupato per la sorte del suo popolo. Sta di fatto che tutto ciò permise a chi aveva un animo malvagio di approfittare della situazione a proprio favore, con la truffa, la rapina e le minacce. Iniziò l’anarchia; iniziarono in quel periodo a proliferare le bande armate.
Muten, dall’alto della sua saggezza pluricentenaria, aveva avuto ragione: come aveva vaticinato, l’umanità si era lasciata sopraffare dalla paura e dal terrore, e la vita civile ne stava subendo le conseguenze, che definire tragiche è eufemistico.
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Uno di quei giorni, 17 e 18 avevano deciso di fare una capatina in una cittadina di ispirazione western, dato che 17 aveva voglia di bere un bel cicchetto resuscita-morti, di quelli vecchio stile. La città – nota come Tabakoyròn - era pressoché spopolata: continuavano ad abitarvi solo pochi tenaci; ai due cyborg venne lo schizzo di eseguire un bel gioco di ruolo in costume. Vestita da cowgirl, con il cappello a tesa larga, la ban-dana al collo, la camicetta a quadri e la minigonna di jeans, 18 aveva radunato un complessino vintage composto da: un pianista con piano da saloon, suonatori di contrabbasso, banjo e tamburo, ed un violinista. Sul piccolo palco del saloon, il complesso iniziò la sua esibizione forzata per permettere a 18 di esibirsi in una performance canora di musica country. Al tavolo, 17 assecondava la gemella: sorseggiando il fortissimo alcolico contenuto nel bicchierino, dondolava la testa e batteva il piede sul pavimento in legno del locale, scandendo il ritmo del pezzo. In quello che era stato un caloroso locale affollato da cowboy casinisti tutti imprecazioni e risa, non risuonavano che le note del piano e il magistrale assolo del violino; infine, quando 18 concluse un paio di vocalizzi, il pianista realizzò il suo bell’assolo al piano. «Ammazza la vecchia… col flit!» E canticchiando queste parole, 18 concluse la canzone, abbassando la parte anteriore della tesa del cappello, in un tipico cenno di saluto da cowgirl.
«Allora… come siamo andati, gringo?» chiese la ragazza al fratello.
«Uno splendore… canti meglio di un usignolo, bimba!» rispose egli con perfetta intonazione da cowboy spavaldo.
«Bene…» disse 18 guardandosi intorno. Il gruppo di malcapitati musicisti tremava, ma non cessava di sperare che ne sarebbero usciti tutti vivi. Purtroppo, però i due cyborg si scambiarono lo sguardo complice che solitamente era il preludio di innumerevoli omicidi. «Ricordati, 17, come si dice: “Non sparate sul piani-sta…”»
Soffocando una risatina, 17 puntò il dito in avanti, sparando dei proiettili d’energia in sequenza verso i poveri musicanti, ad eccezione del pianista. Caddero stecchiti sul colpo, uno dopo l’altro. Quindi 18 si diresse verso il povero superstite, terrorizzato e tremante, e lo trapassò con un pugno nello stomaco che lo uccise sul colpo. Era stata di parola: non aveva sparato sul pianista.
«È stato moderatamente divertente.» asserì 17, mentre usciva serenamente dal saloon a fianco della sorella.
«”Moderatamente”?» gli fece eco la sorella quasi stizzita. In quei giochetti crudeli e grotteschi nei quali baluginavano lampi di umorismo, 18 vedeva brillare ancora quel poco di umanità che era loro rimasta. Divertirsi voleva dire che ancora erano capaci di provare qualche sentimento; sentirsi rinfacciare che quei giochi non erano nemmeno molto divertenti, era quasi un affronto. Per questo ella domandò: «E allora sentiamo, cosa proponi di fare?»
«Per esempio, sai chi mi sono sempre stati sulle scatole? I ricchi. Quelli che hanno un sacco di lussi, soldi e di beni materiali.»
«Sì…» assentì la sorella scuotendo il capo verso il basso. «… sono proprio antipatici, anche perché se la tira-no.»
«Mi è venuta un’idea! Andiamo a vendicare i poveri, distruggendo la megavilla di qualche riccone.» propose 17.
«Uno a caso, o hai in mente qualche riccone in particolare?» domandò 18. Certo che il fratello aveva in mente un bersaglio… più che prestigioso, oltretutto.
La mattina trascorreva secondo una certa routine, alla Capsule Corporation. Certo, i tempi non consentivano di affermare che si viveva felici; eppure, i componenti della famigliola ivi residente - Trunks, Bulma e i suoi genitori – riuscivano a vivere secondo un certo equilibrio. Bulma si divideva fra l’azienda e la cura di suo figlio, che stava sempre con lei in ufficio o nel laboratorio di progettazione. Il piccolo Trunks aveva compiuto un anno qualche mese prima; come imponeva il retaggio Saiyan, da un po’ era in grado di muoversi autonomamente sulle sue gambe, in modo da essere precocemente idoneo al combattimento. Il Dr. Brief, invece, si divideva tra il lavoro e la cura degli animali delle più svariate specie che affollavano il grande giardino interno della casa, assistito in ciò da sua moglie. Di solito, Bulma non amava dedicarsi alle attività contabili ed amministrative dell’azienda, riservandone la competenza a uomini di fiducia più preparati di lei in tali ambiti. Più che altro, si compiaceva di sfogare la propria (vantata) genialità scientifica nel progettare e supervisionare la produzione concreta di tutte le apparecchiature dal marchio Capsule Corporation. Certo, gli affari non andavano più bene come un tempo… nonostante la Capsule Corporation rimanesse un’azienda esclusiva ed unica al mondo, l’umanità aveva ben troppi pensieri ed ansie di altro genere per poter dare sfogo al consumismo, come avrebbe fatto solo pochi mesi prima. Così, Bulma si dedicava a perfezionare l’astronave che li avrebbe portati su Neo Namecc: in realtà era già perfetta, come del resto tutte le invenzioni del Dr. Brief; a riprova di ciò, a suo tempo Vegeta l’aveva già abbondantemente utilizzata nello spazio aperto. Bulma era fermamente convinta che i ritrovati della tecnica fossero sempre perfettibili, quindi c’era ancora da lavorarci su: poteva renderla più veloce, più sicura… insomma, se l’orgoglio di Vegeta si esprimeva nella sete di potenza, quello di Bulma si manifestava nelle sue abilità scientifiche. O forse, probabilmente, concentrarsi sulle attività di studio e ricerca scientifica le permetteva di distrarsi da quelle stesse ansie e pensieri che impedivano all’umanità di comprare i prodotti della sua azienda. A volte, tra un cacciavite e una pinza, Bulma si sorprendeva a riflettere su quanto quella situazione fosse surreale. In passato aveva assistito a diverse crisi potenzialmente planetarie; tuttavia, anche quando esse avevano lasciato dei danni, erano sempre state stroncate sul nascere, da Pilaf a Cooler. In questo caso, invece, non si poteva far altro che lasciare a piede libero i due nemici; due creature che sembravano voler assaporare con comodo la propria supremazia mondiale. Non passava giorno che non mietessero qualche vittima, innocente o meno, e sembravano intenzionati a prendersela con comodo e far durare quel sollazzo quanti più anni possibili. Fin quando c’erano Goku e gli altri, si era riusciti sempre a tamponare i danni; Gohan era solo un ragazzino… coraggioso come nessun altro al mondo, ma di certo non era eticamente corretto sobbarcare sulle sue giovani spalle il peso del mondo. “Che discorsi!” obiettava tuttavia Bulma a sé stessa, con amarezza, scuotendo la testa. “Se non fosse capace di fronteggiare la situazione lui, non ci riuscirebbe nessuno… ragazzino o meno!”
Lo stesso giorno in cui 17 e 18 si erano svagati nella cittadina western, Bulma stava lavorando solitaria nel centro ricerca, mentre Trunks sonnecchiava. Non c’erano molti impiegati, nei locali dell’azienda… com’era logico, alcuni si erano dimessi e avevano abbandonato la routine lavorativa per cercare un’alternativa che offrisse loro qualche maggiore speranza di sopravvivenza. Assorta nel lavoro, Bulma venne bruscamente riscossa alla realtà da un improvviso scossone, accompagnato dal rimbombo sinistro ed agghiacciante di un’esplosione, poi da altri scossoni consequenziali. “Accidenti!! Il terremoto…!?!” pensò sulle prime la donna. Altre due esplosioni in sequenza la indussero ad una diversa conclusione: “NO! Maledizione… i cyborg sono venuti ad attaccarci!” Non vi era nulla di strano che i cyborg potessero spostarsi in modo repentino sulla superficie del pianeta, comparendo improvvisamente in posti fra loro lontani. Eppure era insolito che si prendessero la briga di attaccare una grande metropoli in più punti: di solito, era loro sufficiente attaccare un solo posto e sentirsi appagati da quell’unico attacco. Chissà cosa passava loro per la testa, in certi momenti! Non erano persone con le quali valesse la pena di mettersi a ragionare. Adesso il pericolo incombeva; scosse telluriche rendevano impossibile a Bulma e Trunks la fuga: di certo non avrebbero potuto avventurarsi per i corridoi del palazzo e conquistarsi l’aria aperta. Che fare? Come salvarsi? L’edificio traballava e presto sarebbe potuto crollare; gli attrezzi e le apparecchiature cadevano sul pavimento emettendo un confusionario frastuono metallico. “Terremoto… sotto il tavolo!” si disse Bulma; afferrò il figlioletto appena svegliatosi, ancora intorpidito e confuso dal macello che si stava verificando, e rapidamente si infilarono sotto il tavolo, come se quello fosse un normale sisma. Mentre Bulma stringeva al seno il piccoletto, 17 e 18 sorvolavano la Capsule Corporation.
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«Eccolo, il mio vero obiettivo finale!» dichiarò 17, indicando la grande struttura semisferica e le sue perti-nenze esterne, appartenenti alla famiglia Brief. «Distruggendo le grosse banche e aziende di poco fa, ab-biamo riportato un po’ di giustizia economica! I ricchi in ginocchio come pezzenti! Ma questa - come tutti sanno – è la più grande società del pianeta! E i loro padroni abitano qua! Guarda che bella casetta… Ti sembra giusto che quei ricconi vivano qui, mentre l’umanità continua a cadere vittima di quei due stronzi dei cyborg 17 e 18?»
«Certo che quei cyborg sono proprio stronzi… Ma quelli della Capsule sono ancora più stronzi, ad essere così agiati, di questi tempi…» ridacchiò ironica 18. «Il cyborg numero 17… colui che risolve i problemi della società umana. Chi l’avrebbe mai detto?» commentò poi tagliente la ragazza. «Toglie ai ricchi e uccide i poveri. Ha senso.»
17 lanciò una piccola sfera energetica contro l’edificio principale, che si ripiegò su sé stesso in uno sfracellarsi di metallo, vetro, cemento ed altri materiali da costruzione. 17 contemplava il polverone sollevatosi dal crollo, quando notò la navicella spaziale costruita dal Dr. Brief. «Guarda te, che stronzi! Hanno persino un veicolo di quelle dimensioni! Pochi al mondo potrebbero permetterselo, e non è giusto!» sghignazzò il cyborg, colpendo anche il mezzo spaziale. Il tutto, ovviamente, con estrema semplicità e limitando di molto le proprie forze.
«Se lo saranno costruiti da soli, non credi? Sono specializzati in quello…» osservò 18. «Ad ogni modo, non ha più importanza… è andata…»
«Fantastico! Ora sì che la giornata ha un senso.» concluse 17. «Per quanto mi riguarda, possiamo andare.» disse, e scoppiò a ridere. Momentaneamente soddisfatti dai nuovi danni arrecati, i due esseri semi-artificiali ritennero sufficiente il proprio operato; ripromettendosi di far nuovamente visita alla ricca metropoli, per il momento si dileguarono. Toccata e fuga: e il danno irreparabile era stato compiuto. L’edificio che per anni aveva ospitato la famiglia di Bulma, il suo lavoro, i suoi colleghi e i dipendenti era distrutto; la giovane donna aveva trovato riparo con il figlio sotto un tavolo che – per qualche assurdo miracolo - reggeva in modo straordinariamente robusto il peso delle rovine; o forse, il modo in cui le rovine stesse si erano incastrate nel cadere su di esso era tale da non gravare eccessivamente. Per l’ennesima volta in vita sua, Bulma era stata una donna molto fortunata. Di fatto, però, la madre e il bambino si ritrovavano pressati in uno spazio angusto in cui l’aria circolava a fatica, così come la luce penetrava appena a filo. Come avrebbero fatto a liberarsi da quel buco? In quel riparo claustrofobico, Bulma e Trunks respiravano schiacciati l’una contro l’altro; Bulma, poi era ancora più terrorizzata del figlio, già di per sé impaurito, e cercava di tranquillizzarlo lisciandogli senza sosta i lisci capelli color lavanda. Quella scena era lo specchio del mondo in cui – nei presagi più oscuri e meno infondati della madre – suo figlio si sarebbe trovato a crescere. A proposito di genitori e figli… “Oddiosanto… mamma e papà! Che fine avranno fatto??” si domandò sempre più ansiosa la giovane scienziata. Senza rendersene conto, Bulma si era messa a piangere; la sua mente voleva evitare di dare nell’occhio, per non suggestionare il figlioletto, ma le lacrime sgorgavano indipendentemente dal suo volere. Tuttavia, i sussulti e i singhiozzi comunicarono a Trunks una profonda tristezza che sfociava in dolore; non ci mise molto a scoppiare anch’egli in lacrime, strillando senza trattenersi. Come già Gohan, lo spirito combattivo di Trunks era soggetto ai suoi sbalzi d’umore, nonostante la giovanissima età; non per nulla, dunque, all’aumentare dell’agitazione del piccolo mezzosangue, anche la sua energia latente si incrementò di colpo. Dall’esterno fu possibile vedere che un’esplosione di energia fece saltare via per aria, verso l’alto, il tavolo e le pietre che lo ricoprivano, liberando una sconvolta Bulma e il figlio Trunks, furibondo e con le lacrime agli occhi, dalla trappola nella quale versavano. Era la prima volta che il potere di Trunks trovava espressione. Poco dopo, quando la polvere e le pietre ricaddero al suolo scricchiolando, madre e figlio persero i sensi per lo shock.
Quando Bulma riaprì gli occhi, la prima visione che si parò davanti al suo sguardo fu Gohan che serrava le labbra senza riuscire a trattenere le lacrime, e la fissava speranzoso; indossava la classica tuta rossa di Goku, con cintura e maglia nere. Il ragazzino era giunto sul posto quando i cyborg se ne erano già andati via: poco male, anzi fu una fortuna, perché non avrebbe avuto la forza necessaria per affrontarli. Dopo qualche istante, Bulma riuscì a riacquistare l’orientamento. Si rese conto di indossare vestiti sporchi e laceri. Trunks dormiva ancora, senza sensi. La donna provò a muoversi mettendosi almeno in posizione seduta, ma avvertì dei dolori all’altezza dei femori: una frattura per gamba.
«Non muoverti, Bulma…» la ammonì Gohan, che l’aveva estratta dalle macerie giusto un attimo prima che riprendesse i sensi. «Hai le gambe fratturate. Subito prima di venire qui mi sono fatto dare qualche senzu dal maestro Karin… potrai guarire subito.» Cosa che infatti avvenne subito dopo. «Trunks invece è in perfette condizioni! Nemmeno un graffio…»
«Non per nulla, è figlio di Vegeta… per forza è un bambino coriaceo, l’amore mio!» esclamò Bulma pren-dendolo in braccio con un gesto frettoloso.
«Siete fortunati ad essere vivi… non sarei venuto, se non avessi distinto l’aura Saiyan di Trunks. Questa ennesima strage mi sarebbe parsa solo una delle tante…» spiegò Gohan. «Credo sia merito suo se non siete sepolti sotto qualche metro di rocce… mi fa pensare che io stesso, da piccolo, avevo dei poteri latenti, malgrado la tenera età. Però ci sono volute le maniere forti di Piccolo, per farmeli tirare fuori… eheh…» ridacchiò nostalgico il figlio di Goku.
«Trunks mi ha salvato la vita…» disse Bulma contemplando il bimbo innocentemente addormentato. «Era ovvio che dovesse avere qualcosa di speciale, non per nulla ha due genitori speciali!» Dopo qualche secondo di silenzio, la madre di Trunks sobbalzò. «A proposito di genitori…» Solo allora ebbe il moto istintivo di chiedersi cosa ne fosse dell’edificio in cui risiedeva; cominciò quindi a lanciare occhiate da tutti i lati, scrutando l’ambiente circostante. Distrutto. Bulma non aveva più una casa, non aveva più l’azienda, non aveva più l’astronave.
«Non sento più le loro aure… zero… non sono nemmeno svenuti.» accennò il figlio di Goku costernato, abbassando il capo dalla chioma scombinata. «Mi spiace, Bulma…»
La giovane madre iniziò a piangere e singhiozzare. Da quel momento in poi sarebbe stata sola, solo lei e suo figlio, senza speranze di andare a cercare le Sfere del Drago; non avrebbe nemmeno potuto contare sull’appoggio caloroso ed incondizionato dei suoi genitori. Non si era mai sentita così abbandonata a sé stessa. E dire che lei era la ragazzina che a sedici anni si era messa in viaggio per il mondo senza nessun accompagnamento! Ora le cose erano molto cambiate: Bulma aveva la responsabilità di un figlio, in un mondo molto peggiore rispetto ai tempi della sua adolescenza. Un mondo più cinico, crudele, criminale.
«Mr. Popo mi aveva proibito di lasciare il santuario perché dice che ogni distrazione nuoce alla mia serenità d’animo. Non mi aspettavo che i cyborg attaccassero casa vostra in questo modo… per quanto siano spietati, hanno sempre ucciso col contagocce… si vede che vogliono gustarsi lentamente le loro gesta, maledetti…» ragionò il mezzosangue, rabbioso.
«A che punto è il tuo allenamento?» domandò allora Bulma sgranando gli occhi, colta dal fremito di impa-zienza di chi ha appena subito un pesante torto. Voleva che i cyborg la pagassero al più presto possibile.
«Devo ancora imparare a dominare lo stadio di Super Saiyan… non pensavo fosse così difficile. Mr. Popo mi sta insegnando molto su come gestire la mia forza nascosta, ma naturalmente non sa molto sulle capacità dei Saiyan… Ma non ci sono alternative! Se voglio battere i cyborg, devo diventare un Super Saiyan ancora più forte di Vegeta! E ancora non ci siamo!» esclamò Gohan alzando sempre più il tono della voce e pestando un piede per terra. Una reazione che non si direbbe certo degna di chi sta studiando in modo assiduo per controllare la propria rabbia, segno del fatto che il percorso verso l’autocontrollo sarebbe stato ancora lungo. «Maledetti! Maledetti!» imprecò ancora Gohan, esprimendo la rabbiosa costernazione derivante da quella situazione. «Non potrò mai perdonarli per il male che stanno seminando! Mio padre ha sempre avuto la generosità d’animo di perdonare nemici crudeli come Vegeta, e aveva concesso un’opportunità di salvezza persino ad un meschino come Freezer! Ma io non posso avere pietà per due criminali spietati come i cyborg… non ce la faccio…» asserì convinto, per poi esclamare tutto d’un fiato: «E sono sicuro che anche mio padre sarebbe d’accordo con me! Li vendicherò tutti!»
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«Adesso basta! Calmati! La priorità assoluta è fermare quei due mostri. Gohan… addestrati!» lo sollecitò Bulma. «Guardiamo in faccia la realtà, per quanto ci faccia schifo. Non abbiamo più astronavi né scadenze da rispettare, abbiamo solo il dovere di riportare la pace. Solo tu hai la potenza necessaria…»
«Ma tu… sola, con il bambino…»
«Sbaglio, o hai lasciato soli persino tua madre e tuo nonno per allenarti? Perché ti stai ponendo questi problemi con me, adesso?!» rimbeccò Bulma, con occhi corrucciati ed ancora lacrimosi. Sapeva essere molto caustica, quando ci si impegnava; ancor peggio quando era molto, moolto nervosa ed affranta. «Quel Popo ti ha detto di non distrarti, vero? Perfetto! Torna al santuario e non lasciarti distrarre più da nulla!»
«Ma…» provò ad obiettare Gohan, quasi sentendosi in colpa per aver abbandonato tutto e tutti, isolandosi nella silenziosa imperturbabilità di un luogo celeste.
«Io e Trunks andremo a vivere nei sotterranei della Capsule Corporation, che dovrebbero essere ancora integri… non sarà più la stessa vita ricca di comfort che conducevamo prima, ma pazienza! Con la mia intelligenza, riuscirò a risolvere i miei problemi e a tirare avanti.» Anche se non aveva più nulla di ciò che le aveva permesso di mantenere un tenore di vita relativamente alto… in compenso aveva un figlio a carico, e il dovere di tirare avanti per assicurargli una crescita quanto meno traumatica possibile.
Bulma e Gohan si guardarono negli occhi. La donna, a suo modo, aveva una forza caratteriale ed una determinazione che Gohan un po’ le invidiava, giudicandola per certi versi superiore a sé. Ognuno al suo posto, ognuno col suo ruolo: Bulma voltò le spalle a Gohan e si avviò verso l’ingresso che portava ai sotterranei di cui aveva parlato. “Mi spiace trattarlo così…” pensò Bulma. “Ma deve imparare a valutare le situazioni con distacco, freddezza e raziocinio. Altrimenti, rischia di impazzire…” Allo stesso modo, Gohan prese il volo e tornò al santuario di Dio. Una consapevolezza li accomunava: il piano che avevano preparato in quei lunghi e difficili mesi era ormai fallito.
Da quel giorno il tempo riprese a volare, mese dopo mese; i giorni trascorrevano uguali sia nell’infelicità sulla Terra che nell’isolamento dello spazio celeste.
Nonostante la severità degli insegnamenti elargiti col suo vocione cupo, Mr. Popo si era rivelato un inse-gnante comprensivo. Sebbene ammettesse che la presente situazione disastrosa lo faceva soffrire, secoli di vita lontano dalle inquietudini della vita umana lo avevano reso in grado di accettare con convinta pa-zienza le tragedie e le contraddizioni di una quotidianità sempre più infelice. Tuttavia, sapeva che Gohan era molto più umano e partecipe di quanto lui non fosse, e non pretendeva che il figlio di Goku si adeguasse al suo sentire così pacato ed imperturbabile; anzi, la sete di giustizia che animava il mezzosangue sarebbe stata l’arma di cui si sarebbe dovuto avvalere per prevalere sul nemico. Erano passati altri due anni, e ormai Gohan padroneggiava con naturalezza la sua trasformazione in Super Saiyan; tuttavia sapeva di essere ancora molto inferiore a Vegeta nella versione che aveva sconfitto Cooler; quindi, per transitività, sapeva di essere ancor più debole dei cyborg. Adesso il suo prossimo obiettivo era quello di allenarsi per accrescere la propria potenza, e il suo maestro Popo prometteva che ormai era vicino il momento in cui Gohan si sarebbe sottoposto ad una nuova forma di allenamento adatta a tale scopo. Il suo grande potenziale poteva essere messo ulteriormente a frutto e, grazie allo stratagemma che Popo aveva in mente, Gohan avrebbe risparmiato un bel po’ di tempo. Il fattore tempo era essenziale: purtroppo, allenarsi da soli in condizioni ambientali ordinarie comportava che l’aumento della potenza sarebbe stato lento e molto diluito nel tempo, sicché anche un potenziamento dello stadio di Super Saiyan sarebbe andato a rilento. La Terra non era il luogo ideale dove avanzare facendo grandi progressi. La Stanza dello Spirito e del Tempo, invece… In altre occasioni il maestro ne aveva parlato all’allievo, ma continuava a rinviarne l’utilizzo fin quando non lo avrebbe trovato realmente pronto. Anche nell’ulteriore pazienza manifestata in ciò da Gohan, si misurava il suo grado di maturazione.
Una mattina, nessuno dei due inquilini del palazzo divino si rese conto che i due cyborg, in uno dei loro vagabondaggi di routine, erano capitati per caso in una foresta fin troppo nota: la foresta che si estendeva attorno alla terra consacrata di Karin, circondandola.
«Carino come posto per una passeggiata… propongo di lasciarlo intatto.» commentò 18, uscendo dal bosco affiancata dal fratello e ritrovandosi in uno spiazzo ampio dal cui centro si innalzava l’obelisco. Nelle immediate vicinanze del monumento, due teepee, classiche abitazioni coniche dei pellerossa, dalla struttura in tronchi, rivestiti di pelle.
«Guarda, sorellina… due indiani. Ne esistono ancora?» chiese 17 con divertita curiosità, riferendosi ai due pellerossa padre e figlio. Bora, seduto su una roccia piatta, stava affilando la punta della propria lancia, mentre suo figlio Upa – ormai un giovane e forte guerriero – stava conciando una pelle mediante il proprio pugnale. Avevano sentito parlare dei due cyborg, ma nell’isolamento in cui vivevano non giungevano notizie ed immagini del mondo esterno.
«Io ricordo di aver sentito dire in un documentario che vivono in riserve.» spiegò la sorella a proposito dei pellerossa.
Bora si alzò, lancia in mano, andando incontro benevolo ai due nuovi arrivati. «Benvenuti, stranieri. State visitando il santuario di Karin… è insolito ricevere visite, in questo periodo.»
I due cyborg lo ignorarono e si diressero verso l’obelisco, che chiaramente costituiva l’attrattiva più curiosa di quel luogo. «Strano materiale…» commentò 18 accarezzando il fusto in pietra.
«Non è pietra normale…» osservò 17; a conferma di ciò, diede un colpo col taglio della mano all’obelisco, che rimase non scalfito.
«Ehi! Quello è un obelisco sacro agli dei! Abbiate rispetto!» li rimproverò Upa, ponendosi sulla difensiva.
«Ascoltatemi, stranieri… questi luoghi sono sacri, e violarli rappresenta un grave atto di blasfemia. Abbiate rispetto per gli dei!» li ammonì Bora a sua volta, avanzando minaccioso alla volta dei nuovi arrivati.
«E naturalmente tu saresti colui che vuole difendere gli dei, vero?» domandò il cyborg maschile, sul cui viso si dipinse un sorriso malvagio.
«…Con valore e coraggio…» aggiunse la sorella, con lo stesso sorriso. Le loro intenzioni non erano affatto chiare, ma i due erano certamente dei malintenzionati. 17, per dispetto, sogghignò, e rifilò una potente gomitata al monumento, che rimase scheggiato. Bastò questo semplice gesto affinché Upa e Bora si lanciassero in combattimento, Bora armato di lancia, Upa con il pugnale; si lanciarono all’attacco, gridando: «Trasgressori! Blasfemi!»
17 e 18 non avevano voglia di perdere tempo con loro; lanciarono con indifferenza due colpi di energia, e i due pellerossa finirono carbonizzati a terra.
La domanda che logicamente 17 si pose con riferimento alla torre fu: «Quanto sarà alto questo coso, se-condo te?»
«Non ci resta che scoprirlo.» rispose 18. I due si misero in volo, percorrendo in parallelo l’obelisco e bucan-do le nuvole.
«Maledizione!!!» gridò Yajirobei, strabuzzando gli occhi in preda al panico. «Quelli sono i due cyborg che stanno creando tutti quei casini! Ma proprio qui, dovevano venire?!?»
«Era solo questione di tempo! Avrebbero potuto distruggere tutto già molto tempo fa…» gli fece notare Karin. «Ascoltami bene… non una parola su Gohan e Popo! Non devono scoprirli! E speriamo che Dio ce la mandi buona…»
«Ma Dio, cosa…?!» ribatté il samurai sempre più terrorizzato. «Te lo ricordi o no che Dio è morto?!» Il cic-cione non ebbe modo di continuare a rimbeccare, perché le due creature del Dr. Gero fecero la loro com-parsa sulla ringhiera della residenza di Karin.
«Sempre più curioso! C’è una casa sopra questa torre…» considerò 18.
«E che casa stramba!» aggiunse 17, quando con stupore crescente notò i due personaggi che la abitavano. «…e che inquilini! Un gatto e un ciccione con gli occhi a mandorla! Di bene in meglio!» Il gatto e il ciccione fissavano la coppia appena arrivata con sgomento, dissimulato nel caso di Karin, molto più evidente in Yaji-robei.
«Questo luogo deve essere la costruzione più alta del mondo… non è vero, pacioccone?» chiese 18 rivol-gendosi a Yajirobei; non credeva che il gatto sacro fosse capace di parlare. Il grassone, in preda al panico, cercò di controllarsi, ma iniziò a sudare freddo; giusto quella domanda, dovevano porgli?!
«Esatto!» rispose Karin al posto dell’assistente, per evitare che aprisse bocca in modo inopportuno. «Il santuario che sovrasta la torre di Karin è il punto più alto del mondo.»
«Il gatto parla…» sorrise fredda 18.
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17 si limitò a balzare in avanti afferrando il micio per la gola. «Dai, forza, micetto! Parla ora!» lo intimò con un gelido ghigno. «Ti ho detto di parlare!» Insistette ancora, stringendo la presa attorno al collo del gatto. Karin rantolò, graffiando le mani di 17 con le unghie delle sue zampine bianche, provando a liberarsi. Tutto inutile, nel giro di pochi secondi Karin morì soffocato.
Yajirobei inorridiva: non ci voleva un genio a capire che ora era il suo turno. 18 gli rivolse una domanda: «Allora, bellezza! Confermi quello che diceva il tuo amichetto pulcioso?» La domanda della donna era chiaramente senza senso: se proprio volevano trovarvi risposta, i due cyborg non avevano che da controllare. Ma perché mai avrebbero dovuto privarsi del divertimento di vedere quel ciccione in preda al terrore?
«Beh? Il gatto di poco fa ti ha mangiato la lingua?» infierì ancora 18.
«I-io… n-non c’è niente, qua siamo alla massima altezza…»
I due cyborg mossero un passo in avanti. Yajirobei si buttò in ginocchio, sudato e trepidante, e implorò: «Vi prego, abbiate pietà di me! Voglio solo essere vostro amico… anzi, meglio ancora, vostro schiavo!!»
«Basta!» esclamò 17 rivolto verso la sorella. «Visto che questo cagasotto non ha intenzione di parlare, am-mazziamolo e andiamo a controllare se c’è qualcosa ancora sopra.» stabilì 17, che in quella reazione aveva giustamente individuato una menzogna molto malcelata. Yajirobei, quando era vittima di un attacco di panico, era un bugiardo veramente scarso.
«Giusto! Scanniamolo come un maiale!» ribatté a sua volta la sorella. Sull’inutile carneficina operata su di lui dalle due creature di Gero, preferiamo tacere. Sta di fatto che morì anche il “cagasotto”… in un ultimo schizzo di coraggio, aveva cercato – seppur in modo fallimentare – di celare ai cyborg l’esistenza dell’abitazione degli Dei della Terra. Subito dopo, le creature di Gero distrussero i cadaveri e lo spazio circostante rilasciando esplosioni d’energia che travolsero anche i preziosissimi senzu: e non erano nemmeno a conoscenza dell’importanza strategica che i magici semi avrebbero potuto avere per Gohan. Per la prima volta, la robusta pietra divina nel quale era stato scolpito l’obelisco chissà quanti secoli prima era stata devastata da una potenza superiore persino a quella degli alieni più forti dell’universo. Il soffitto veniva perforato, le colonne si spaccavano. Al termine dell’operazione, i due nemici dell’umanità si innalzarono in volo, lasciando l’edificio ormai in rovina; da esso, pennacchi di fumo si innalzavano seguendo il flusso dell’aria fresca che soffiava a quelle altezze. «Visto che questo posto continua più in alto? Sempre più strano!» osservò 17.
Seguirono la scia rappresentata dal Nyoi Bo, il mitico bastone allungabile appartenuto prima a Son Gohan e poi al suo nipote adottivo Son Goku.
Gohan aveva intuito la presenza dei cyborg dalla reazione delle aure dei due amici. “No, non posso anda-re… se li affrontassi ora, mi ammazzerebbero di sicuro, e tutto il lavoro svolto finora sarebbe stato solo tempo e fatica sprecati. Devo stare qua e sperare che non mi scoprano.” valutava prudentemente e pragmaticamente Gohan, ormai un ragazzino di dodici anni dalla chioma scombinata. Aveva certamente fatto passi avanti rispetto a due anni prima, quando si sarebbe lanciato all’inseguimento dei cyborg senza nemmeno sapere come avrebbe potuto operare per fronteggiarli. Non fu per egoismo, dunque, se il Saiyan mezzosangue rimase dov’era: non aveva compagni, era completamente solo nell’affrontare quei due mostri di potenza e non poteva più permettersi il lusso di rischiare la propria vita; non aveva più un Piccolo o un Goku che sarebbero intervenuti nel momento culminante per portarlo in salvo. Adesso, pur non percependone l’aura in movimento, sospettava che i due con ogni probabilità lo avrebbero raggiunto quanto prima… In teoria non era logicamente necessario che giungessero fin lì visto che, dal santuario di Karin, la residenza di Dio non era visibile. Che ansia… come se non bastasse l’amarezza dovuta alla sua impotenza ed incapacità di salvare Karin e Yajirobei.
Anche Popo aveva maturato le medesime deduzioni dell’allievo, e il suo corpo era una foglia scossa da tremiti di terrore. Non ebbe il tempo di congetturare alcunché: 17 e 18 avevano appena posato i piedi sulla candida pavimentazione del santuario.
«Ora sì che siamo in cima…» commentò 18, lanciando occhiate ovunque, scrutando quel posto così singolare.
17 riconobbe una delle due figure che si trovavano in quel luogo. «Ma tu sei Son Gohan! Dunque era qua che ti nascondevi, eh? Ecco perché non ti eri più fatto vivo…»
«Sei cresciuto un po’!» aggiunse la sorella. «Bravo… mentre tu te ne stavi qua come un codardo, noi abbiamo ucciso molte persone, lo sai?»
Gohan ritenne quantomeno doveroso rispondere verbalmente alle provocazioni, per cui ribatté convinto: «Bastardi… se mi nascondevo, era solo per rafforzarmi e ottenere una potenza efficace contro di voi!»
«Ah, sì? Molto interessante… ci sarai riuscito sicuramente» disse 17 con un sorriso derisorio muovendo qualche minaccioso passo in avanti. «Mostraci cosa sai fare… coraggio!»
Gohan non aveva alternative: i nemici lo avevano scovato; anche se avesse cercato di nascondersi e ripararsi da qualche parte, lo avrebbero raggiunto agevolmente prima ancora di dargli il tempo di sfuggire.
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L’ANGOLO DELL’AUTORE.
Eccoci qua! Vedremo come se la caverà Gohan contro 17 e 18, in quello che sarà il loro primo vero confron-to.
Veniamo alle curiosità!
- Il nome della cittadina western Tabakoiròn, se non si fosse notato, deriva da “tabaco y ròn” (in spagnolo, tabacco e rum).
- “Ammazza la vecchia col flit” è un motivetto famosissimo; se lo cercate su Youtube, sicuramente lo riconoscerete. :-D
- Mi pare che l’idea della “pietra divina” come materiale da costruzione dell’obelisco di Karin non sia presente nel manga, ma solo nell’anime; ad ogni modo non contrasta con il manga, quindi la tengo (e in effetti ha una sua logica: si parla sempre di edifici di origine sacra, quindi non facilmente distruttibili).