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Non posso che confermare quanto ho sentito dire fino ad oggi su questo film, su come costituisca un’assoluta pietra miliare e su come abbia saputo appieno raccontare la storia dell’Olocausto. E che sia un’opera d’alta qualità, lo confermano le scelte stilistiche di Spielberg, dal colore, assente per tutta la durata del film, eccetto che in qualche scena (notare soprattutto la desaturazione che esclude il cappottino arancione di una bambina che, durante la liquidazione del ghetto, si nasconde sotto un letto, invano, dato che, qualche scena dopo, si può vedere come il suo cadavere venga trasportato nei crematori), oppure ai suggestivi dettagli sul volto di Liam Neeson, che interpreta con classe il ruolo di Shindler. Per quanto riguarda la colonna sonora, cori e ragtime in stile anni 30, fanno la loro comparsa in più e più scene, e la musica appositamente scritta per il film, lo portò alla vittoria del Grammy Award per la miglior colonna sonora. Un film cruento e crudo, ma necessario perché gli spettatori si rendano conto della cupezza di quelle tragiche vicende. Particolarmente toccante la scena finale, nel quale Shindler, in un atto di disperazione, si rimprovera, e rimpiange di non aver venduto le sue ricchezze, con le quali avrebbe potuto portare in salvo altri ebrei. Ciononostante, le persone da lui sottratte alla morte lo riconoscono come un salvatore, e si stringono a lui per ringraziarlo. Concludendo, non trovo affatto di parte come il regista ci abbia mostrato i nazisti, come folli, come dei tristi mostri, come Goth, con i suoi folli passatempi omicidi e la sua violenza immotivata, emblema, come ci fa notare il film e la storia ci fanno notare, di tutti i regimi totalitaristi.
E metto 9.