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Il problema più che altro l'ho incontrato nel fatto che la shot dovesse includere una vicenda reale di una delle due opere. Inserire dei personaggi esterni in un contesto breve ma realmente accaduto mi sembrava riduttivo, perché di fatto o non avrebbero avuto quasi interazione con gli altri personaggi, lasciando molto al sottinteso, oppure avrebbero vissuto solo parzialmente la vicenda. Volevo fare in modo che il racconto fosse fruibile il più possibile dall'inizio alla fine, prendendo la vicenda di un manga per intero. Tuttavia purtroppo l'idea si è trasformata in 27 pagine di word.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Light 96
Se vieni penalizzato per la lunghezza,beh, i giudici sono ingiusti
Beh,mi dispiace dirlo ma da parte mia dovrò penalizzare la fic
PS:lo dico qui così da motivarvi a fare fic entro il limite di post consentiti (anche se hanno una qualità ottima come questa)
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Immaginavo, ma devo ammettere che mi sono trovato in seria difficoltà all'idea di rendere in sintesi come e perché dei personaggi giungessero in un luogo, inserirli in una vicenda che non fosse tronca così da essere fruibile a chi non a letto il manga e rendere infine credibile un finale e un ritorno. Se fosse stata più breve avrei dovuto ignorare una marea di elementi della trama originale, e questo avrebbe semplificato e reso molto meno comprensibile il tutto. Almeno per le mie capacità, forse la traccia era troppo articolata per renderla integra e credibile al tempo stesso.
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Infatti io penso che farò un post-cornice per presentare brevemente tutti i personaggi, ma non la includerò nella shot e la metterò a parte per chi vuole comprendere i dettagli della storia.
Comunque entro stasera forse ce la faccio a terminarla, ma temo che non sarà comunque pronta perché avrò almeno 40.000 caratteri da rivedere.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Dragon Slayer
Infatti io penso che farò un post-cornice per presentare brevemente tutti i personaggi, ma non la includerò nella shot e la metterò a parte per chi vuole comprendere i dettagli della storia.
Comunque entro stasera forse ce la faccio a terminarla, ma temo che non sarà comunque pronta perché avrò almeno 40.000 caratteri da rivedere.
Sono in una situazione simile.
Purtroppo mi è stato impossibile non superare la lunghezza massima seguendo le indicazioni della traccia.
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Visto che domani ho un esame e che probabilmente passerò il giorno dopo, mi son deciso a concludere la one-shot oggi.
DUE ANIMALI INTERROMPONO IL RIPOSO DI GON
Prendete un paesaggio montano, diciamo a 2.387 metri sopra il livello del mare. il terreno è coperto in massima parte di erba, salvo che per qualche pietrone qua e là. Su uno di questi pietroni dorme un animale. Ha l'aspetto di un grosso teropode (se non sapete cosa sia un teropode non prendetevela con me), salvo che per le sue dimensioni: probabilmente non supera il metro e mezzo di lunghezza dalla punta del muso a quella della coda. Dorme pancia all'aria con la bocca spalancata. Una bocca piena di denti acuminati, ovviamente.
Questa è la scena che si profila davanti ai nostri occhi per diverso tempo. Per qualche giorno il dinosauro dorme della grossa, ignaro della vita montana di tutti i giorni intorno a lui. Ogni tanto una capra o un camoscio passano da quelle parti. La sua sola vista è sufficiente a far loro cambiare percorso.
Insomma, le cose vanno vanti così per un po'. Almeno fino al momento in cui un rumore fino a questo momento mai udito fa la sua comparsa. Un rumore simile a quello che può produrre un lupo camminando. Un po' più pesante, forse. Eppoi ha qualcosa di strano: un ritmo leggermente diverso, forse. Mancano dei battiti, ecco. Un enorme lupo? No, farebbe un rumore diverso. La cosa migliore dovrebbe essere fermarsi qualche minuto e aspettare.
No, non funziona. I rumori sono già scomparsi. Magari si trattava solo di un'allucinazione dovuta all'altitudine (sempre ammesso e non concesso che l'altitudine possa provocare allucinazioni uditive). La vita montana continua a scorrere tranquilla come sempre e il dinosauro se ne sta sempre lì a dormire beato. Come faccia lo sa solo lui: non ha la scusante del letargo (e in ogni caso non farebbe comunque abbastanza freddo da giustificare una reazione del genere) e neppure quella tipicamente rettile della necessità di stare diverso tempo al sole per riscaldarsi (da un lato i dinosauri non ne hanno bisogno, dall'altro durante la notte la temperatura si abbassa abbastanza da rendere inutile l'accumulo di calore durante il giorno). Dorme e basta. Ha persino un filo di bava che gli cola dall'angolo delle fauci.
Ci saremmo già rassegnati all'inutilità di questo resoconto sempre uguale, se non fosse che taluno ha detto che la vita imita l'arte. Quante volte, in un romanzo, i peggiori colpi di scena hanno luogo in condizioni di questo tipo? Bene, proprio quando pensavamo che non sarebbe successo nulla, ecco che sentiamo un'altra volta quel rumore. O meglio, sentiamo un solo colpo, molto attutito e poi più nulla. Poco distante dal pietrone dove è addormentato il teropode, hanno fatto la loro comparsa due animali che non saprei definire altrimenti che "strani": sono completamente privi di peli e sono ricoperti di pelli che non hanno un legame diretto con il loro corpo, come se le avessero strappate a qualcos'altro (piante? animali? altro?). Uno dei due sarà altro un paio di metri, ha la pelle rosa e un terzo occhio in mezzo alla fronte. L'altro è probabilmente più basso del dinosauro, completamente bianco tranne che per due cerchi rossi sotto gli occhi ed è privo di naso. O almeno, di un naso visibile.
Non hanno lasciato tracce dietro di sé: se non fosse impossibile (non hanno ali) tutto farebbe pensare che siano arrivati dal cielo. Quello alto si volta verso il compagno e gli comunica qualcosa. L'altro solleva e abbassa la testa, dopodiché entrambi si siedono per terra incrociando le zampe posteriori e chiudono gli occhi.
Contemporaneamente a questa scena, se ne svolge un'altra: il dinosauro ha aperto gli occhi e chiuso la bocca. Si è messo a sedere e ha scosso la testa con fare assonnato. Con gli occhi ancora socchiusi si è guardato intorno ed ha infine fatto caso agli altri due animali. Gli occhi sono rimasti socchiusi, ma l'espressione è decisamente diversa rispetto a prima.
Rotolando all'indietro, scende dal pietrone e, conquistata, dopo giorni di inattività, la posizione eretta, si avvicina con aria minacciosa agli altri due animali. Nessuna reazione. Colpisce con la zampa posteriore quello più grosso sul groppone. Nessuna reazione. Come se fossero due rocce.
Il piccolo dinosauro si irrita, allora. Agita le piccole zampe anteriori, spalanca la bocca, strepita, ma non riceve nessuna reazione. Di nuovo.
Infine decide di allontanarsi, sconfitto. Un passo alla volta, dando le spalle ai due nuovi arrivati, torna fino al pietrone. Una volta arrivato, si appoggia a esso con una delle due zampe posteriori. La piega e usa il pietrone come sponda per spiccare un balzo contro quei due che si rifiutano di riconoscere la sua presenza. Un balzo rapido e preciso.
I suoi bersagli sono già scomparsi. Supera il punto in cui avrebbero dovuto trovarsi e prosegue la sua corsa. Si schianta dopo qualche metro contro un altro pietrone. Il pietrone si frantuma, ma almeno ne arresta la corsa. I due bizzarri animali osservano la scena. Hanno l'aria sorpresa, ma le loro espressioni non sono minimamente preoccupate. In ogni caso, un impatto del genere, ucciderebbe qualunque animale.
Va bene, non proprio qualunque animale: i frammenti del pietrone si muovono e il dinosauro si rialza, senza un graffio. Solo un po' più arrabbiato. Se non altro, adesso quei due non hanno più l'aria spavalda di prima. Neppure preoccupata, però. Non ancora. Quello piccolo porge le zampe anteriori al rettile, con la punta delle dita verso l'alto. Il dinosauro non capisce. Si guarda intorno, perplesso, mentre l'altro lo osserva, concentrato su quanto sta facendo. In ogni caso, tutto questa ha proprio l'aria di una sfida. Lo guarda in cagnesco. Questa volta il piccoletto bianco è davvero spaventato. Non è sufficiente. Il dinosauro attacca. E' rapido, molto rapido. Spalanca le fauci. Volendo, potrebbe divorare in un sol boccone metà di quel piccolo essere.
Quello più alto, però, prende in mano la situazione: afferra per una zampa anteriore il compagno (se poi di compagno davvero si tratta) e lo lancia oltre la portata del pericoloso rettile. Con uno scarto di un secondo (forse due) gli sferra un calcio. Il dinosauro rotola per qualche metro. Si rialza. Lo sguardo pieno d'odio. Qualche venuzza si è ingrossata intorno agli occhi. Farebbe paura persino a un leone. Il suo avversario non è un leone e sembra preoccuparsi parecchio per l'incolumità dell'altro (e se fosse una lei e il dinosauro si fosse ritrovato in mezzo ad un bizzarro rituale d'accoppiamento?). Si osservano per qualche secondo. I muscoli di entrambi sono palesemente pronti a scattare. Si sentono dei mugolii di preoccupazione provenire dal piccoletto albino. Infine quello grosso prende un profondo respiro e volta le spalle al dinosauro. Raggiunge l'altro esemplare. Entrambi si sollevano da terra (come non saprei dirlo) e si allontanano. Al dinosauro non basta. Spicca un ultimo balzo. Li raggiunge e azzanna un arto posteriore di quello più grosso, che urla. Il suo piccolo compagno è terrorizzato, piagnucola e cerca di staccarlo, ma lo sguardo del rettile lo terrorizza e la stretta delle sue mandibole è decisamente troppo forte. Presumibilmente, se lo ritroveranno attaccato fino a che non si stancherà, ma questi sono i piccoli drammi della nostra vita.
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Si può posticipare la data di consegna a domani? Mi sono dilungato davvero troppo nel descrivere la situazione iniziale e sarà dura finire entro stasera lo svolgimento e la conclusione visto che devo cenare fuori e tornerò tardi. Questa traccia è stata così stimolante che mi sono perso nel mio stesso racconto.
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Il lavoro che ho fatto è ambientato tra i manga Ichi ed Homunculus, fatti entrambi dallo stesso autore. Non c'è nessuna corrispondenza tra le due opere, se non l'ambientazione (comunque diversa) realistica e lo studio approfondito della psicologia e della violenza umana. Essendo entrambi due dei miei manga preferiti, mi sono trovato a far combaciare due storie che in certi punti ho trovato fatte apposta per essere paragonate. Visto il tema di Homunculus, non mi sono risparmiato ad usare l'abilità del vedere sotto l'apparenza umana per sfondare qualche tabù, soprattutto riguardanti quei mostri che sono i protagonisti di Ichi. La pagina Wiki di Homunculus per quanto corta è adatta per farsi un'idea, mentre quella di Ichi è praticamente inesistente, per questo consiglio di visionare la Wiki del film, visto che riassume perfettamente la storia ed è anche molto fedele al manga. Sul fattore verosimilità, ho ambientato la storia nell'arco del volume 12 e 13 di Homunculus, dopo che il protagonista esegue un particolare esperimento.
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Ichi the Homunculus
Kabukichou.
Le insegne, le strade, le persone. Non facevano altro che ripetere quel nome. Nakoshi si sentiva sperduto, non sapeva come e quando era finito nel quartiere del peccato Giapponese. Ci era già stato? Non se lo ricordava, non che gli interessasse, in realtà. Continuava a camminare. Gli avvenimenti degli ultimi giorni gli avevano cambiato la vita. La sua esistenza costantemente in oblio, il suo essere, avevano subito un cambiamento tale da fargli sentire di essere veramente vivo, nel bene e nel male. Da quando Ito gli aveva proposto quell’esperimento, la trapanazione, ogni sua percezione era cambiata, tutte le sue proprietà erano state distrutte ed il suo mondo riallineato. Vedere gli Homunculi era qualcosa di profondo, ansioso e terribile che lasciava la porta aperta al subconscio umano. Bastava chiudere l’occhio sinistro, e tutto ciò che prima sembrava un agglomerato di persone comuni, ora diventava una galleria degli orrori, con esseri umanoidi dalle sembianze mostruose, ma altamente significative. Ma ricordare gli faceva venire il mal di testa, perciò continuava a camminare. Il motivo per cui ora aveva un secondo buco nella fronte? Non si ricordava nemmeno questo, se non che prima qualcosa funzionava male. Un lavoro di manutenzione, a tratti. L’unica certezza era quella di essersi perso nei meandri di un luogo pericoloso, pieno di persone ed organizzazioni spaventose. Aveva già avuto a che fare con la Yakuza, ma per sua fortuna quell’episodio fu circoscritto all’Homunculo del capo clan che lo lasciò illeso. Una bella storia, quella, ma che si era rivelata fin troppo fortuita.
Tutto questo, però, assumeva connotati microscopici in confronto al reale dubbio che assaliva Nakoshi. La seconda trapanazione aveva funzionato? Ricordava di essersi guardato allo specchio una volta conclusa l’operazione, e di aver visto ciò che voleva. Ma ora gli sembrava tutto un sogno, senza memoria degli ultimi avvenimenti. E soprattutto sentiva il cervello pulsargli, costantemente.
La tentazione era troppa.
Nakoshi chiuse gli occhi ed appoggiò la mano sinistra coprendosi parte del volto. Dopo un istante, aprì l’occhio destro. Lo spettacolo era tale da commuoverlo. Un insieme così indefinito e definito allo stesso tempo. Donne con occhi sulle dita e gambe da struzzo. Uomini con la testa piatta e la bocca piena di scarafaggi. Vecchi senza braccia con la schiena a forma di guscio di lumaca. Un ghigno apparve sulle labbra di Nakoshi, mentre un rigolo di sangue gli attraversava il volto.
Ito è assolutamente seccato. Il signor Nakoshi ha oltrepassato il segno, tentando la trapanazione da solo. Non c’è più niente di professionale in questa storia, ormai. Era andato tutto a male dal primo momento in cui si erano intromesse le questioni personali. Non che questo fosse stato un male per Ito. Si trovava a fare dei giri vestito da donna, acquistando sempre più sicurezza e sentendosi ogni volta più a suo agio. Ma ciò che il signor Nakoshi stava facendo andava oltre l’autodistruzione. Questa storia l’aveva coinvolto fin troppo, era il momento di darci un taglio.
<<Se solo si fosse preso la briga di essere un po’ più chiaro, accidenti a lei.>>
La telefonata lo aveva spiazzato. Pochi giorni prima aveva trovato il signor Nakoshi seduto e delirante in una panchina nei pressi del parco. Fu allora che Ito si accorse del cerotto e del sangue. L’eccesso di rabbia fu sovrastato solo dall’urgenza delle condizioni dell’uomo, che Ito si assicurò fosse messo al sicuro. Ma a quanto pare non è stato così. Verso le 2 del mattino aveva ricevuto la sua telefonata, anche se la cosa era servita relativamente. Il signor Nakoshi era in stato confusionale, diceva di essersi perso a Kabukichou e che gli girava la testa. Altro non aveva saputo aggiungere, prima di interrompere bruscamente la chiamata. Ito non ci aveva creduto di primo acchito, il signor Nakoshi era sempre stato una persona dalla così fervida immaginazione… ma non poteva comunque lasciar scorrere, così era andato subito al parco in cerca della macchina dell’uomo, che incredibilmente era sul posto, vuota. Contro ogni logica, ora si trova per la strada di Kabukichou. Sono ormai le 4, ma sa bene come per quella zona non ci sia mai riposo. I mostri possono uscire allo scoperto e muoversi come se nulla fosse, nutrendosi dei deboli nel loro mare di violenza e lussuria. Ito teme per il signor Nakoshi.
Lo rispetta, certo. Aiutare quelle persone era veramente lodevole, una cosa da prendere d’esempio. Curiosamente, tra tutti gli Homunculi che il signor Nakoshi aveva visto, mai era riuscito a vedere il proprio. Probabilmente era questo il motivo psicologico che aveva spinto l’uomo a fare ciò che stava facendo. E a quanto pare funziona. Ogni volta che aiuta qualcuno a liberarsi del proprio Homunculo, una parte di esso viene trasmessa su Nakoshi stesso. Braccio meccanico, gamba di sabbia… cose fuori dagli schemi, secondo Ito. Eppure il signor Nakoshi poteva vederle, allo specchio, quando si copriva l’occhio sinistro. A sua detta, sentiva di possedere finalmente una “forma”. Ma questo è del tutto approssimativo, gli Homunculi non sono altro che una forma di suggestione inflitta dall’individuo stesso, che nel caso del signor Nakoshi è ampliata, vista la sua evidente capacità di lasciarsi trasportare dagli eventi.
Qualcosa attira l’attenzione di Ito. Alla sua destra, per strada, di fronte ad un grosso pub, una folla si è raggruppata. Che sia il povero signor Nakoshi? Ito parcheggia subito l’automobile e scende per vedere cosa sta coprendo la folla. Trovare spazio è difficile e bisogna tirare un paio di spallate in mezzo a quell’ammasso di persone petulanti, ma alla fine riesce a vedere oltre.
Gli occhi gli si riempiono di disgusto e terrore.
<<S-signore? Si sente male? La prego signore si alzi.>>
La voce rimbomba nella testa di Nakoshi come gli succedeva dopo una sbornia. E’ notte, ma tutte quelle luci fanno sembrare l’ambiente in piena vita diurna. Di certo la vitalità non è artificiale: macchine in un viavai costante e marciapiedi colmi di persone di ogni genere, da quelle apparentemente perbeniste alle altre più eccentriche e discutibili. Di fronte a Nakoshi c’è un ragazzo, poco più che adolescente a prima vista. Porta uno zaino, vestiti sportivi e scarpe piuttosto appariscenti, seppur sempre di inclinazione sportiva. Porta di fianco una bicicletta, mentre dietro le sue spalle un’anziana signora mostra un viso irritato.
<<Signore le chiedo scusa, ma pare che la panchina sulla quale stava dormendo fosse già occupata. Questa signora le chiede cortesemente di alzarsi.>> conclude, esibendo il sorriso più strano e ridicolo che Nakoshi abbia mai visto.
<<Esatto! Ci ero venuta prima io, ci ho dormito da così tanto tempo che ormai si può considerare mia… se vuole un luogo in cui smaltire l’alcool se ne vada da qualche altra parte!>>
La vecchia non si risparmia di certo la rogna. L’alcool attualmente è l’ultimo problema di Nakoshi, anche se questo risveglio lancinante gli fa pensare il contrario. Per lo meno la realtà circostante non gli sembra più a rallentatore. O a trottola.
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<<Chiedo scusa>> rialzandosi <<mi ero perso e il mal di testa era piuttosto forte. Le lascio pure il suo letto.>>
Nakoshi fa due passi verso la strada. <<Ma che razza di posto è mai questo?>>
Troppo rumore e troppi guai a quanto fanno supporre certi gruppi di individui. Si tasta le tasche e trova solo qualche moneta, niente chiavi della macchina o portafogli. Per un attimo si ritrova amareggiato, con la testa all’ingiù. Deve trovare un modo di andarsene da lì, anche se prima dovrebbe ricordarsi come ci sia arrivato. Il ragazzo dopo aver ricevuto i ringraziamenti della vecchia, monta in bici e fa per partire, ma poco prima si gira fissando Nakoshi. Evidentemente il disagio è piuttosto chiaro, così, dopo un attimo di esitazione, il ragazzo chiede <<Ha un posto dove andare? Qualcuno da cercare? Abita qui intorno, vero?>>, con immediata risposta dell’impacciato Nakoshi <<In verità abito da tutt’altra parte. Recentemente ho avuto... un’operazione chirurgica, qui>> indicando la fronte sotto il cappuccio <<e a quanto pare non mi sono ripreso del tutto. Mi ritrovo sperduto senza affetti e memoria.>> conclude sorridendo.
Il ragazzo sembra pensarci un attimo.
Si decide <<Neanche io abito qui, in genere ci passo solo per lavoro. Vorrei aiutarla, ma stavo tornando a casa. Però… che ne dice se ci facciamo due passi? Così intanto le potrebbe ritornare la memoria e arrivare comunque all’uscita del quartiere. Tanto devo raggiungere un mio amico in quella zona.>>
Nakoshi studia per un attimo il ragazzo. Ha qualcosa che non va, lo percepisce. Per un attimo è tentato di usare lo sguardo su di lui, ma una forte sensazione di colpa lo travolge. Questo ragazzo non c’entra niente con la zona circostante e si è fatto avanti nel dargli sostegno, cosa avvenuta una sola altra volta durante la vita di Nakoshi.
<<Va bene, ti ringrazio.>> gli dice, ricevendo come risposta di nuovo quel sorriso tanto ridicolo.
Non era vero che le persone si stavano raggruppando.
Molta gente si stava allontanando nervosamente, altra faceva finta di niente. In pochi rimanevano lì per assistere allo spettacolo.
Un drappello di uomini divertiti giace sparso con intorno diversi corpi. Il sangue è qua e là, per lo più a spruzzi, lontano dai corpi. Al centro di tutto c’è l’essere più pragmatico e mostruoso che Ito abbia mai visto. Vestito in giacca e cravatta, porta un’acconciatura ordinata, con un mezzo caschetto da cui traspare una lieve frangia, e il suo volto... apparentemente sembra che gli sia stato applicato il sorriso di Glasgov, ma i tagli sulle guance sono troppo regolari. Da medico, Ito sospetta che siano state squarciate. Poco importa, perché tanto le ferite non si sono mai cicatrizzate, lasciando al personaggio un ghigno che parte da un orecchio all’altro, tenuto a bada solo da due piercing (dei tanti) posti alle estremità delle labbra. Ma la parte più terribile di tutte sono gli occhi. Così calmi, pacifici, incoerenti. Come quelli di una madre che rassicura il proprio bambino… occhi da donna, a tratti seducenti, a tratti assonnati. L’uomo di Glasgov sta in piedi. Sotto, un uomo sdraiato a faccia insù, nello stomaco un buco di sangue da cui spuntano degli oggetti singolari: aghi. Oggetti prettamente medici, sono usati soprattutto per la loro precisione. Se usati per altri scopi (e da mani esperte) sono capaci di concentrare il dolore in tutta la sua intensità in un singolo punto. Di fronte a quella lezione di anatomia umana, Ito pensa che sia meglio andarsene, anche se una forte curiosità lo fa desistere. L’uomo per terra è ancora vivo, lo si può notare dai lamenti di dolore che emana, ma pare non essere ancora finita. L’uomo di Glasgov tira fuori una manciata di aghi, tutti lunghi quanto un piede, ed inizia a piantarli sugli arti dell’uomo. Le urla innondano la strada, ma questo non ferma l’opera. Una volta piantati un paio di aghi su ogni braccio e gamba, l’uomo di Glasgov ne pianta uno poco al di sopra del ventre, di tutta forza, e subito dopo tira un portentoso calcio ai genitali dell’uomo, che lancia un grido strozzato. E come d’incanto, i suoi occhi subiscono una trasformazione, passando dalla terribile immagine di prima a degli occhi da uomo, spietati, furbi e sorridenti, come la sua faccia in quell’istante. Si gira, provocando un’apertura sulla folla, ed inizia a camminare, mani in tasca, seguito da una formazione piramidale di uomini.
<<Quello non è un uomo.>> sente Ito alle sue spalle, così si gira.
La voce proviene da un uomo basso, fisicamente sulla trentina, con una corporatura massiccia lievemente accennata, ma, incredibilmente, con un volto raggrinzito, secco. Vecchio.
<<Scusi, non l’avevo notata. Si, terribile, questa zona è pericolosa.>>
<<Certamente. E’ nuovo di qui? Vago spesso qui in zona ed in tutti questi anni non mi sembra di averla mai vista.>>
Ito valuta bene la risposta. Il “vecchio”, visto che altra considerazione su di lui non si riesce a fare, pare essere amichevole e non legato alla malavita locale, anche se non sembra completamente innocuo. Dal canto suo, Ito deve assolutamente trovare il signor Nakoshi, e questo vecchio pare conoscere molto bene le facce intorno, tanto che è stato capace di definire da subito l’estraneità di Ito al quartiere. Può essere d’aiuto.
<<Non abito qui, esatto. Sono in una condizione spiacevole: un mio caro amico è scomparso, un problema dovuto in seguito ad un’operazione al cervello. Ho provato a tenerlo d’occhio, ma in qualche modo è riuscito a sparire e chiamarmi da questa zona. Una storia piuttosto assurda, eppure eccomi qui, devo trovarlo prima che si cacci in guai seri.>>
Il vecchio lo fissa per un attimo, ma non tarda a rispondere <<Capisco. Vorrei aiutarla, ma non ho visto altri estranei di recente. In ogni caso in questo quartiere sussiste da sempre una geometria tonda che spinge fino a là>> indica l’ingresso alla superstrada <<e se il vostro amico vagasse senza meta, si ritroverebbe qui. L’unico consiglio che le posso dare è di fermarsi qui in zona ed aspettare, prima o poi si farà vivo. Io sto aspettando un amico, se vuole le posso fare compagnia.>>
Ito si sente sollevato, ora sa come risolvere la questione senza dover nemmeno continuare la ricerca. Starsene con le mani in mano in realtà non lo rassicura, ma il signore pare sapere il fatto suo.
<<Va bene signore, la ringrazio tantissimo. Ci sediamo in quel bar all’aperto?>>
<<Ottima idea, avremo una visuale completa sulla strada. Ah, dimenticavo.>> Sorride mostrando tutti i denti <<Mi chiami pure Jiji.>>
Il divertimento trasuda da ogni piazza, agli occhi di Nakoshi. Le persone semplicemente vivono la notte, come se fosse un momento dedicato solo a loro in cui dimenticare i doveri della giornata. Camminano entrambi, lui ed il ragazzo, a cui non osa chiedere il nome. Parla poco, concentrato a fissare un obiettivo immaginario di fronte a sé. Nakoshi è curioso di sapere qualcosa di più su di lui, ma allo stesso tempo è ossessionato nella ricerca dei ricordi assenti. Come diavolo è giunto fin lì senza la macchina? Poteva averla persa durante il tragitto? Cosa dai risvolti drammatici, se venisse confermata. Ricorda Ito che lo rimprovera, ma tutto il resto è un’ombra che continua a sfumare ogni volta che prova a ricordare altro. Poco importa, ormai. Il ragazzo lo sta portando verso l’uscita del quartiere, da lì basterà fare l’autostop e in men che non si dica potrà tornare a Shinjuku.
<<Che lavoro fai, da farti andare avanti ed indietro in piena notte?>> si sente dire.
Il ragazzo pare colto di sorpresa, ma risponde subito <<I viaggi continui dice? Oh no, in realtà mi muovo quando viene richiesto, cosa che succede poco spesso.>>
Nakoshi non manca di notare che il ragazzo non specifica il lavoro <<Ti dai da fare, in ogni caso, a fare tutta questa strada, perché abiti fuori città, vero?>> per sentirsi confermare <<Si, nei pressi della campagna.>>. Nakoshi non si contiene <<Campagna? Ma saranno almeno 4 ore in macchina, e tu sei in bicicletta, ti ruberà almeno una giornata!>> il ragazzo sorride <<Vero, ma non è mai stato un problema. Aiuta a tenermi in forma, poi il Dojo è per strada, quindi riesco sempre a dividere il viaggio con una giusta pausa.>>
A quell’affermazione Nakoshi non è sorpreso, fisicamente il ragazzo appare in ottima forma, dando l’impressione di possedere una forza enorme <<Pratichi le arti marziali quindi, notevole. Quale grado hai raggiunto?>> il ragazzo arrossisce lievemente <<Be’, cintura nera, ma ho ancora tantissimo da imparare, questione di lunghi anni. Le interesserebbe vedere qualcosa?>> a quella domanda ed esaltazione Nakoshi non riesce a dire di no, così accetta. Il ragazzo è visibilmente contento e appoggia di lato la borsa e la bicicletta. Si ferma per un attimo, assumendo una posa di combattimento, inclinato verso destra. Pare intento a concentrarsi su qualcosa, poi, d’improvviso, un’enorme folata d’aria accompagna il suo massiccio spostamento.
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Si ritrova ad un pollice dal viso di Nakoshi, il piede. Il ragazzo sta in piedi con una gamba, l’altra è perfettamente alzata nell’atto di sferrare la mossa. Prima non se n’era accorto, ma ora Nakoshi nota che durante l’esecuzione il ragazzo ha eseguito una giravolta. Un’azione impressionante <<Incredibile, non voglio immaginare cosa sarebbe successo se quel calcio mi avesse beccato.>> si mette a ridere Nakoshi. Un luccichio attira la sua attenzione. Verso il tacco, una lieve punta scintilla, pare essere un rasoio. Cosa ci fa lì? Non sembra un caso, fa parte della struttura della scarpa. C’è qualcos’altro, una macchia, o è ruggine? No, non può essere ruggine, è una macchia rossa. Il ragazzo abbassa la gamba prima che Nakoshi possa strizzare l’occhio <<Grazie, ma si tratta comunque di tecniche da usare solo per autodifesa. Sa, se qualche cattivo desse fastidio, o qualche bullo…>> non finisce la frase, e torna ad incamminarsi.
Quell'avventimento stava dando da pensare a Nakoshi. Ora la curiosità verso il ragazzo è aumentata. Qualcosa di molto strano si cela dietro quel sorriso.
<<Vivi dai tuoi genitori? O stai insieme ad una ragazza?>> chiede Nakoshi, con il ragazzo che di colpo pare rattristarsi <<Vivo da solo. I miei genitori non me li ricordo, subirono un incidente quando ero ancora piccolo. Per quanto riguarda le ragazze… sto bene senza.>>
A questa risposta Nakoshi non può fare altro che dire <<Ti chiedo scusa, non volevo riportare brutti ricordi a galla. Mi dispiace per la tua condizione familiare, è veramente terribile non poter crescere coi genitori accanto.>> per vedere il ragazzo sfoggiare il suo solito sorriso <<Non si preoccupi, sono cose passate.>>
Quel sorriso, di nuovo. Cosa c’è dietro quell'immagine deformata? Nakoshi non riesce a toglierselo dalla testa, sa che c’è qualcosa di nascosto nel ragazzo, qualcosa che forse non vale la pena portare alla luce. E’ del ragazzo la paura? O sua? Quel sorriso… Nakoshi ripete ciò che ormai gli risulta meccanico e porta la mano alla faccia.
Quando apre gli occhi, riesce finalmente a vederlo… Ichi!
I due uomini stanno seduti a fissare la folla. Ito trova questa procedura noiosa, ormai è passata un’ora e non si è vista traccia di Nakoshi. Forse non è stata una buona idea, dopotutto…
<<Lei ed il suo amico da dove venite?>> chiede Jiji.
<<Shinjuku, o almeno nei pressi. Il mio amico non si è mai deciso a scegliere quale zona. Una storia lunga.>>
<<E come dovrei aspettarmelo il suo amico?>>
<<Oh be’, completo da ufficio e cappuccio. Strana combinazione, diciamo che non riesce a lasciarsi alle spalle la vecchia vita, ma che non sa nemmeno accettare la nuova.>>
<<Un completo quindi…>> sorride <<se non l’avessi vista stasera, penserei quasi che stia cercando il mostro che abbiamo visto incontrandoci.>>
Ito si sente a disagio <<Oh no, dubito che un soggetto simile possa avere degli amici, o anche delle semplici conoscenze. Certi segni sono chiari, è sicuramente un masochista. Tutte quelle cicatrici, i piercing… è quel tipo di soggetto che delle altre persone non sa cosa farsene. Le sfrutterebbe per il semplice piacere personale. Il mio amico è di tutt’altra sponda. Non farebbe del male nemmeno ad una mosca. Lui piuttosto le persone le aiuta.>>
<<Ah, quindi siete entrambi medici?>> il vecchio si sta rivelando sveglio, nello scoprire le peculiarità di Ito, che replica <<Solo io, ma come si può notare dalla mia età, ho ancora tanto studio da praticare. Principalmente sono appassionato verso la scienza, specialmente nei confronti dell'essere umano e della sua psicologia, ma ammetto che molto mi ha influenzato anche mio padre, essendo lui un Medico professionista.>>
Pensiero triste, ripensare a suo padre. Stava morendo, e Ito non si trovava con lui.
<<Essere umano dice? Concetto affascinante, interessa molto anche a me, in realtà. La sua analisi verso quel mostro è stata ottima, ne ha centrato in pieno i caratteri chiave. Certo, ci sono certe cose che ovviamente non potrebbe dedurre a prima vista, per esempio, i suoi occhi. Intendo quando torturava il povero uomo. Lei che ne pensa?>>
Ito lo fissa con un’espressione tra l’annoiato e l’incuriosito <<Questione interessante la sua. Sembra quasi conoscerlo.>> provocando una goffa risata del vecchio <<Comunque, il cambiamento alla base degli occhi può avere diversi significati. Quello a cui sono più portato è descritto nello stato di estasi che il soggetto prova traendo soddisfazione e piacere. Certo che torturare un essere umano è un hobby piuttosto strano e crudele, ma in piena congruenza con il soggetto. Ma gli occhi, si sa, spesso permettono un approfondimento di quello che può essere considerato l’animo umano. Non mi fraintenda, queste cose non mi interessano, ma trovo interessante l’allegoria che quest’aspetto può assumere nella realtà. Prendiamo lei, ad esempio. Lei non è una persona anziana, ha a malapena 30 anni. Come faccio a dirlo? L’operazione chirurgica è ormai arrivata allo stato dell’arte, ma chi ha la vista allenata e legata alla medicina, come me, si accorge di quelle sbavature, di quelle piccole incongruenze ed imperfezioni dovute alla troppa perfezione del lavoro stesso. I suoi occhi, signor Jiji, la tradiscono.>>
Jiji pare inizialmente sorpreso, fissando quasi incantato Ito.
Poi scoppia in una fragorosa risata <<Accidenti a lei, è veramente astuto. Nessuno fino ad oggi ha mai notato la mia maschera. Esatto, Ito, ha fatto un’ottima analisi anche in questa situazione. Lei per certa gente arriverebbe a risultare pericoloso, sa? Questo quartiere non è tanto diverso da quello che è il mondo intero. Le persone vivono, gli insetti strisciano, e qui avviene tutto insieme. La summa culturale sparisce quando tutti iniziano a dimenticare le proprie origini e ad accoppiarsi indistintamente. Io un tempo ero un’altra persona, non solo un’altra maschera. La mia vita non si può di certo dire sia stata ammirabile, per certi versi sono stato anche io un mostro. Ma un giorno… un giorno ho deciso di cambiare. Forma, intendo. Non che non mi piacesse quella vita, mi sentivo il signore degli insetti. Ma all’improvviso la nausea mi assaliva togliendomi il fiato. Le persone mi sembravano tutte ombre pallide, ed i demoni… i demoni mi fissavano dal loro malriposto senso di superiorità. Un circolo di uomini e demoni, o demoni e basta? Non ho abbandonato la mia identità per niente, voglio fare qualcosa, qualcosa di veramente importante ed utile, in questo mondo di scarafaggi.>>
<<Ah, quindi dall’unione degli uomini e degli insetti nascerebbero gli scarafaggi? Non parlava di demoni?>>
<<I demoni sono i veri abomini, ma gli scarafaggi… quelli sono gli esseri comuni che io e lei guardiamo ogni giorno con indifferenza. Questo li rende forse uomini? No, ma ciò viene dimenticato. Non che sia la cosa più grave, visto che ogni tanto, una volta su un milione, nasce un demone. Lei sa cos’è un demone? Stasera ne ha visto uno all’opera. Cosa ha provato vedendo quella scena? Di certo non un istinto di solidarietà verso quel povero uomo>> sorride <<no, affatto. Lei ha provato terrore, eccitazione, paura. Qualcosa la spingeva a ripudiare quello spettacolo, qualcos’altro, di molto più potente, l’ha resa uno spettatore di ciò che i demoni fanno agli scarafaggi. Loro esistono per punirli, traendo piacere e cibandosi di essi. Non provi a mettere la cosa sul semplice piano materiale. Se assistesse ogni giorno ad uno spettacolo simile, non pensa che prima o poi le risulterebbe normale? Come una routine? Se non trova la forza agire, di spingere la propria volontà, sarà uno scarafaggio come tutti gli altri. Il motivo per cui ho questa faccia è perché so che se guidati, i demoni si mangiano a vicenda.>> conclude.